mercoledì 22 ottobre 2014
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Una condanna a sorpresa, quella emessa ieri dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, e che fa ulteriore chiarezza sull’accoglienza partendo da vicende del passato. Nel 2009 chi governava voleva rispondere con i respingimenti al flusso di profughi diretto verso la Fortezza Europa. Per la prima volta tale pratica venne sanzionata nel febbraio 2012, quando la Corte di Strasburgo condannò i respingimenti di subsahariani verso la Libia. Da allora l’Italia è stata paradossalmente criticata dai partner Ue per motivi opposti, perché l’operazione «Mare nostrum» in un anno, salvando circa 100mila vite umane nel Canale di Sicilia, avrebbe incentivato i flussi. Restava scoperto il fronte adriatico con un altro Stato dell’Ue. Perché diversi profughi, tra cui minori non accompagnati, soprattutto afghani, provenienti dalla Grecia e trovati sui traghetti nei nostri porti, ancora nei mesi scorsi venivano rispediti senza poter chiedere aiuto sul suolo ellenico. Dove rimanevano abbandonati al loro destino. Veniva insomma applicato alla lettera il regolamento di Dublino che prevede di rimandare i profughi al primo punto d’approdo Ue, ma senza curarsi della loro sorte. La Corte ha stabilito due cardini: il diritto umanitario prevale anche nell’area Schengen e i respingimenti appartengono al passato.
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