domenica 9 giugno 2013
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Per raccontare un anno di scuola voglio salvare una piccola storia. La storia di Elisabetta e del suo nuovo professore di italiano. L’anno scorso mi aveva scritto lamentandosi del fatto che aveva un’insegnante di lettere che si limitava a voler sentire ripetere dagli alunni quello che diceva in classe senza troppo interesse. «Le poche cose che so di Ariosto le ho imparate in 15 minuti di ricreazione da un prof di lettere che mi regala volentieri piccole porzioni di sapere da cogliere al volo, un po’ come le ore di supplenza che fortunatamente fa spesso e in cui – non s’è mai visto – tiene lezione di letteratura italiana per la metà classe che ne sente la mancanza e glielo chiede esplicitamente! Innumerevoli ore di supplenza per sostituire gente che passa più tempo a casa che dietro quella cattedra. Io non so che darei per avere la possibilità di fare uno dei lavori più belli e suggestivi del mondo. E vedere che la buttino così mi fa male... Mi fa male perché fuori ci saranno più o meno giovani aspiranti insegnanti validissimi e appassionati e motivati e disoccupati. Mi fa male perché ho scelto una scuola per materie che non mi fanno fare. Io ho visto nel professore dei 15 minuti di ricreazione il professore che spero di diventare. Devo constatare con sommo dispiacere che si tratta di una triste minoranza e che questo non fa che spingermi ancor di più verso questo stesso tipo di scelta. Voglio essere un prof diverso da molti che ho avuto. Non vorrei neanche sembrarle la diciassettenne depressa che non sono. Sono solo avvelenata». Ad Elisabetta ho scritto che l’anno prossimo avrebbe avuto la maturità e doveva scegliere tra il quieto e avvelenante vivere o trovare il coraggio per una scelta. Quello sarebbe stato il suo vero esame di maturità, non quello dell’anno dopo, perché maturità è avere l’anima pronta e non aspettare che siano le cose ad esser pronte, altrimenti avremo sempre un alibi – giustificato o meno che sia – per la nostra mancanza di magnanimità: di anima grande, capace di imprese all’altezza della nostra chiamata alla pienezza. Di lei non ho saputo più nulla. Poi però, qualche giorno fa, dopo un anno mi ha scritto di nuovo, in un giorno in cui era a casa costretta dall’influenza. «L’anno scorso le raccontavo della mia situazione scolastica in termini di docenti assenteisti e assenti mentre spiegavano (il che è anche peggio). Le ho scritto di quel professore di latino e italiano di un’altra sezione che mi spiegava Tasso e Ariosto regalandomi qualche pillola di letteratura durante le ricreazioni o nelle ore di supplenza: pensi che si è anche offerto di spiegarmi tutto il programma di Dante della seconda liceo in biblioteca dopo la scuola e di correggermi saggi brevi o temi che avrei potuto scrivere a casa per esercitarmi. In pratica tutto quello che ricordo di italiano dell’anno scorso lo devo a lui, ed aveva ragione lei quando mi disse che quel prof mi aveva già salvata! È stato proprio così! A maggio ho trovato il coraggio di chiedere il cambio sezione per l’ultimo anno e ora che gli esami sono alle porte e mi si apre davanti un piazzale bianco che posso riempire di tutto e colorare come voglio io, comincia a dispiacermi l’idea che sia finito tutto così in fretta! Ho trascorso forse l’anno più bello della mia vita, è stata molto dura all’inizio: il preside in persona l’anno scorso mi aveva detto che con un cambio di sezione avrei messo a repentaglio la mia brillante media e il mio voto di maturità. Ma sa una cosa? A me di quel numero frega veramente poco ma, se non uscire con 100 è il prezzo da pagare per aver trovato amici veri e professori che amano il loro lavoro, ci metto la firma! Perciò un piccolo grazie va anche a lei per aver contribuito a quella spinta che mi ha portato a trovare la forza di cambiare. I versi 442-449 delle Supplici di Euripide mi hanno fatto venire in mente di scriverle, perché leggere certe cose, pensare che siano state scritte decine di secoli fa senza che col tempo abbiano perso valore e verità, sentirle così attuali e reali fa venire i brividi e mi fa sentire piena, in un modo che è sempre troppo difficile spiegare senza passare per pazza. Spero di non averla annoiata, 'ma se in vece fossimo riusciti ad annoiarvi, credete che non s’è fatto apposta'». Elisabetta e il suo professore che fa lezione all’intervallo, questo voglio che ricordiate di quest’anno. E magari anche tre di quei versi di Euripide: «E come potrebbe essere salda una città / quando si strappano e si falciano via i giovani coraggiosi, come le spighe nei campi a primavera?».
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