venerdì 4 maggio 2012
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Vale più di tante indagini storiche, il libro che contiene le intercettazioni di soldati tedeschi prigionieri nei campi inglesi e americani. Non sanno di essere intercettati, perciò dicono la verità: cos’han fatto agli ebrei e ai partigiani, cosa provavano, con quali tecniche agivano, perché.La tecnica che adoperavano, prendendo possesso di un territorio appena conquistato, in Italia, era questa: «Facciamone fuori una ventina, così stanno buoni e non si mettono strane idee in testa». È la contro-educazione, cioè la formazione impartita dall’esercito o dal partito, che in questo caso eran la stessa cosa. Faceva tabula rasa dei valori cristiani o umani propri delle civiltà occidentali, e della civiltà tedesca, prima che fosse reimpiantata sui valori del nazionalsocialismo. Nei campi di prigionia questi soldati s’incontrano e si parlano, s’interrogano e si rispondono. Agli effetti di farci conoscere la verità, è molto meglio che se venissero interrogati e rispondessero agli ufficiali vincitori, perché i vincitori sono "il nemico", e al nemico si deve mentire. Tra loro, sono fratelli. Tra i temi su cui s’interrogano ci sono lo Sterminio, le rappresaglie, le stragi, le vendette sui partigiani e sulle donne, e i grandi crimini eseguiti con divertimento. Il primo a presentare questo libro («Soldaten», esce oggi da Garzanti) in Italia è Giorgio Boatti, che ha appena pubblicato da Laterza un viaggio tra una ventina di monasteri italiani, quasi tutti benedettini, col titolo «Sulle strade del silenzio». Capisco perché un autore che esce dal misticismo orante e silente dei monasteri giri l’occhio inorridito sulle crudeltà della storia: perché nella crudeltà sente il completo tradimento della morale che in quel silenzio palpitava. Nelle confidenze di questi soldati sta il risultato ineluttabile dell’educazione della gioventù hitleriana, come l’ha raccontata Erika Mann, figlia di Thomas, nella sua testimonianza «La scuola dei barbari – L’educazione della gioventù nel Terzo Reich», tradotto in italiano da Giuntina. Fin dalla scuola media i ragazzi venivano educati alla crudeltà, dovevano portare alla maestra prove della loro capacità di infliggere il dolore a esseri viventi, che per la loro età erano animali. Un ragazzo portò a scuola gli occhi del proprio gatto. Dentro di me penso che quel ragazzo, da uomo, sarà diventato un ufficiale, e avrà avuto al suo comando soldati dedicati alla causa, magari anche qualcuno di quelli presenti in questo libro. Nel suo primo incontro con Mussolini, al Brennero, il Führer gli portò in regalo le opere di Nietzsche rilegate in pelle. Per dirgli: «La mia giustificazione è qui». È vero, è lì. Il libro che lanciò l’avvento del Superuomo, che ha sui sottouomini ogni diritto, è «Così parlò Zarathustra». Comincia così: «Tre metamorfosi dello Spirito io vi narro, com’esso divenne cammello, e di cammello leone, e di leone fanciullo». Lo Spirito-cammello è lo Spirito della sopportazione, del perdono, dell’amore: il Cristianesimo, al quale Nietzsche dichiara la propria ostilità. Lo Spirito-leone è lo Spirito della ribellione, del dominio, della vendetta. Lo Spirito-fanciullo è lo Spirito che ha concluso le sue imprese distruttive e spietate, e ora si gode il trionfo: nessun rimorso, egli è ormai, come dice il titolo di un’altra opera dello stesso autore, «al di là del bene e del male». So bene che c’è chi intende Nietzsche in altro modo, ma a intenderlo così è anche colui che ne regalava le opere al Duce: dunque mi trovo in compagnia, ancorché non buona. Eccoli qui, i soldati «al di là del bene e del male»: «Pietà per i civili? Non siamo mica donne», «La caccia agli ebrei e ai partigiani? Divertente, il mio reparto si offriva volontario». Superuomini, il passo finale della Storia? o regressione alla preistoria, quando gli uomini non erano ancora umani?
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