mercoledì 11 marzo 2015
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Più volte, con una strategia avvolgente e pervasiva, sono stati fatti tentativi a livello nazionale ed europeo, per far approvare documenti che affermino l’esistenza di un «diritto all’aborto», come diritto della persona, con le conseguenze che ne derivano. A volte sono tentativi decisi e chiari nella scelta pro-aborto, altre volte sono ambigui e sfuggenti nell’uso delle parole e dei concetti. Per limitarci ai fatti essenziali, basta ricordare che nel 2010 viene proposto alla competente Commissione del Consiglio d’Europa di revocare per una serie di casi l’obiezione di coscienza, e imporre l’obbligo del personale sanitario di partecipare alle pratiche abortive. Il progetto è respinto, e la Commissione conferma, anzi, il valore dell’obiezione, espressa dal singolo o da strutture idealmente orientate. Più sfumato, ma analogo nel merito, un recente documento approvato dal Consiglio dei diritti dell’uomo dell’Onu, per il quale ogni piano nazionale deve garantire l’accesso a interventi essenziali per la salute, come i Servizi di pianificazione familiare, la gestione delle gravidanze inattese, compreso l’accesso a servizi di aborto. Ancora nel 2013 il Parlamento europeo boccia la risoluzione presentata da Edite Estrela tesa a promuovere negli Stati membri dell’Ue le pratiche di fecondazione artificiale, contraccezione, aborto e teorie del gender. Infine, nel dicembre 2014 il Parlamento francese approva una Risoluzione che menziona direttamente il diritto di aborto. Si può quasi parlare d’un assedio contro la vita, contro le Carte dei diritti umani che pongono il rispetto della vita a base di ogni altro diritto.Oggi il relatore belga Marc Tarabella ha fatto approvare dal Parlamento europeo un Rapporto che ripropone la sostanza del documento Estrela. Esso auspica, per le donne, «il controllo dei diritti sessuali e riproduttivi, segnatamente attraverso un accesso agevole alla contraccezione e all’aborto», e propone che siano «sostenute le misure e le azioni volte a migliorare l’accesso delle donne ai servizi di salute sessuali e riproduttivi». Il linguaggio è più sfumato, ma la sostanza è identica, la definizione del diritto di aborto con i corollari sanitari e sociali propri di un diritto della persona. La strategia a favore dell’aborto si nutre di tante cose. Di un lessico appena più cauto per evitare opposizioni da parte di chi considera l’aborto di un figlio nel novero dei drammi vissuti dalle donne; di tattiche parlamentari che cercano di far leva sulla disciplina di partiti e movimenti "di sinistra", compreso il Pd italiano; di una riproposizione continua di testi appena modificati nelle parole, ma con lo stesso obiettivo. Questa strategia fa riflettere sulla vera posta in gioco, che consiste in una svolta regressiva nella concezione dei diritti umani, e nel tentativo di colpire l’obiezione di coscienza, tutelata da documenti internazionali, ma insidiata in alcuni Paesi, a livello amministrativo o giurisprudenziale.Sarebbe una svolta senza ritorno, che si riempirebbe di contenuti sempre più ampi. Tutto ciò che alcune legislazioni nazionali introducono in materia di sessualità e procreazione come possibilità individuali, diverrebbe previsione generale a livello europeo, con l’aggiunta di una sanzione valoriale che porterebbe a introdurre le innovazioni nei programmi d’insegnamento scolastico, come già è avvenuto in Spagna e altri Paesi. Non a caso, nonostante il principio di sussidiarietà in queste materie, il Parlamento europeo è stato chiamato anche a "condannare" il referendum in Croazia per confermare il matrimonio tra coppie eterosessuali. Si esalterebbe l’aborto come diritto della persona, meritevole d’essere tutelato e promosso nelle scuole e negli istituti di educazione, e d’essere sostenuto dallo Stato e dalle strutture sociali come evento positivo per la donna. Infine, si giungerebbe a declassare l’obiezione di coscienza attraverso meccanismi già conosciuti, prima di restrizione, poi di disconoscimento valoriale (perché contrasterebbe un diritto), infine come oggetto di un vero divieto che porrebbe la coscienza individuale di fronte a drammatici conflitti. Si aprirebbe la strada a stravolgimenti di altri diritti umani che già oggi sono posti a rischio di limitazioni e restrizioni: il diritto di educazione dei genitori in materia sessuale, l’obiezione di coscienza rispetto all’affidamento di bambini a coppie non eterosessuali, il diritto della donna di essere difesa da sfruttamento per la maternità surrogata, e altro ancora.Possiamo riassumere tutto nell’orizzonte di una "ideologia di Stato" che eleva a unico criterio valido la scelta individuale, con la negazione del diritto degli altri, di chi sta per nascere, di chi non vuole partecipare alle pratiche abortive, di chi intende seguire orientamenti diversi. Una volta potevamo considerare questa conclusione esagerata, frutto di interpretazione anch’essa ideologica della realtà. Oggi purtroppo va tenuta presente perché l’elevazione dell’aborto a diritto della persona, oltre a svilire il valore della vita umana, costituisce come la caduta di un limite che apre la strada a uno scenario in cui la vita, il matrimonio, l’educazione sessuale, sono visti in un’ottica puramente materiale, spogliati di ogni senso di responsabilità che spetta all’essere umano nei confronti di sé stesso e degli altri.
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