domenica 25 maggio 2014
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Dalla Mangiatoia al Golgota. Dalla Basilica della Natività a quella del Santo Sepolcro. Nel giro di neanche 12 ore Papa Francesco tocca i luoghi che costituiscono l’alfa e l’omega della vita terrena di Gesù. E in suo nome lancia al mondo un messaggio potente come le emozionanti immagini della preghiera nella tomba vuota insieme con il Patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I. Bisogna avere un duplice coraggio: quello della pace (tra i popoli, tra gli Stati, tra le religioni), e quello di camminare sempre più speditamente sulla strada della piena comunione tra i cristiani. Anche a costo, dice il Pontefice, di “trovare un forma nuova di esercizio del ministero del Vescovo di Roma” tale da essere “un servizio di amore e di comunione riconosciuto da tutti”. In sintesi è il coraggio di essere “uomini di risurrezione e non di morte” e Bergoglio lo ha dimostrato non solo a parole. Perché ci vuole coraggio per invitare in Vaticano il presidente israeliano Peres e il leader palestinese Abu Mazen e offrire di fatto la casa del Papa come una nuova Camp David. E ci vuole coraggio per fermarsi, con un significativo fuori programma, davanti al muro eretto in faccia ai Territori Palestinesi. Quella barriera di cemento è l’emblema tangibile non solo di una situazione che lo stesso Francesco oggi ha definito “inaccettabile”, ma anche dei tanti muri interiori che impediscono agli uomini e alle donne di questa regione di vivere in due Stati con confini certi e internazionalmente garantiti (altra richiesta coraggiosamente ribadita dal Papa in questa memorabile giornata). Muri di odio, di violenza, di strumentalizzazione delle religioni (che vengono usate per dividere, anziché per unire), muri che in definitiva impediscono di giungere alla “pace fondata sulla giustizia”. Perciò Francesco, che nell’ultima parte dell’itinerario aveva al suo fianco il Patriarca Bartolomeo I, vi è come “passato attraverso” dimostrando che, agli uomini di buona volontà molto è possibile, se davvero confidano nella forza del Risorto che ha ribaltato la pietra del sepolcro e più volte è entrato nel Cenacolo a porte chiuse. Anche nel terzo millennio le porte di molti cuori continuano ad essere chiuse. Quelle di chi fabbrica e vende armi, di chi sfrutta i bambini, di chi li fa lavorare come schiavi e li trasforma in soldati o li condanna a vivere in campi profughi. Insomma i cuori di chi è refrattario alla pace. Anche queste pieghe Francesco ha evocato ieri nel suo itinerario sui luoghi di Gesù. E proprio come lui non ha girato il capo dall’altra parte, ma con le parole e i gesti se ne è preso cura denunciandole all’attenzione di tutti. Che cosa scaturirà da questa giornata e più in generale da questo viaggio? Forse è presto per dirlo. Ma intanto c’è da registrare due fatti altamente positivi. L’invito rivolto a israeliani e palestinesi è stato accettato. La distanza tra Roma e Costantinopoli si è ulteriormente ridotta. Ma soprattutto, grazie ai dialoghi a tutto campo del Pontefice, ha cominciato a sgretolarsi la barriera dell’incomunicabilità. Che è poi il vero muro attraverso il quale "passare" per essere veri uomini di risurrezione.
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