domenica 4 dicembre 2011
COMMENTA E CONDIVIDI
La questione della 'manutenzione' della Costituzione italiana è più che mai aperta in questo scorcio di XVI legislatura. Se i problemi del risanamento economico hanno, giustamente, la priorità, alcuni interventi – tutt’altro che marginali – sulle istituzioni della democrazia entreranno gradualmente nel dibattito dei prossimi mesi, ben oltre la revisione dell’articolo 81 (il cosiddetto 'pareggio di bilancio') appena approvata dalla Camera. Occorre però focalizzare bene i termini della manutenzione necessaria. Essa dovrebbe infatti indirizzarsi in primo luogo alla legge elettorale e al bicameralismo e non – come pure si propone da alcune parti – al delicato rapporto fra presidente del Consiglio e presidente della Repubblica. Chi preme in questa direzione ritiene che l’andamento dei rapporti fra capo dello Stato e presidente del Consiglio dal 2008 a oggi vada evidenziando un nodo irrisolto nella forma di governo italiana: i poteri del presidente della Repubblica. Ciò sarebbe emerso con chiarezza nella recente crisi di governo, nella quale il capo dello Stato ha svolto un ruolo di assoluta preminenza. Di qui la necessità di precisare i confini delle rispettive attribuzioni, restringendo i poteri del capo dello Stato in maniera conforme ai regimi parlamentari degli altri Paesi d’Europa o, qualora si ritenesse necessario mantenerli nella loro consistenza attuale, o addirittura ampliarli, introducendo l’elezione diretta del presidente della Repubblica, che lo doterebbe di una adeguata legittimazione democratica. Queste osservazioni colgono in parte nel segno, ma propongono, medicine inadeguate. La parte di ragione degli argomenti citati sta nel rapporto quotidiano fra presidente della Repubblica e presidente del Consiglio dalle elezioni del 2008 all’estate 2011. Non è certo esatto sostenere che in tale periodo il capo dello Stato abbia condotto una guerriglia sistematica nei confronti dell’Esecutivo, come hanno talora insinuato alcuni esponenti dell’ex maggioranza di centrodestra. Tuttavia si può valutare che il presidente abbia usato le sue funzioni di controllo in maniera eccessivamente invasiva, talora compiendo atti dubbi: paradigmatico rimane il rifiuto di emanare il decreto legge proposto dal Governo nel caso Englaro, nel quale il presidente si è arrogato un potere di veto privo di basi costituzionali ed estraneo alla logica del regime parlamentare, ma non è stato certo l’unico caso. In varie occasioni il presidente della Repubblica è intervenuto con osservazioni forse condivisibili nel merito, ma di dubbia linearità costituzionale, ad esempio con lettere a presidenti di commissioni parlamentari (sul lodo Alfano) o esternando dubbi sul contenuto di leggi che si accingeva a promulgare. Su queste prassi, occorrerebbe ora una pacata riflessione critica. Le cose stanno diversamente per la complessa fase che si è svolta da luglio a oggi, e in particolare per i giorni della crisi di governo e per quelli immediatamente precedenti a essi. È indubbio che in tale occasione il capo dello Stato abbia svolto un ruolo eccezionale, ma ciò è accaduto a fronte di una vera e propria crisi di sistema in cui il Paese è entrato negli ultimi mesi. Ed è ciò che cambia tutto. Il regime parlamentare ha infatti una logica solo apparentemente contraddittoria, ma che è in realtà uno dei suoi punti di forza. In condizioni di normalità politica (incluse le fasi di acceso scontro tra i partiti), il capo dello Stato ha un ruolo strettamente definito dalle sue attribuzioni costituzionali e limitato per il resto alla influenza e alla persuasione, cui poco si addicono veti e ostruzioni. Ma quando la macchina dell’ordinario funzionamento delle istituzioni si inceppa, il presidente (come il re negli ordinamenti monarchici da cui la nostra presidenza deriva) è una sorta di «motore di riserva», che entra in funzione, fino al punto di diventare una sorta di reggitore sussidiario del sistema, al fine di consentire che esso riprenda a funzionare. Dalla fine di ottobre ad oggi Napolitano ha svolto eccellentemente questo ruolo. Ed è un punto di forza, e non di debolezza, della Costituzione italiana, che egli abbia avuto gli strumenti istituzionali per farlo.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: