sabato 30 giugno 2012
COMMENTA E CONDIVIDI
Non serve essere genitori per guardare la foto di Mario Balotelli che abbraccia sua madre, e avere voglia di fermarsi. Per continuare a guardarla, a lungo, isolandola da tutto: dalla partita, dalla vittoria sui tedeschi, dalla gioia, dalle volgarità anti-Merkel, dal vertice di Bruxelles, dagli spread e dalle Borse. Dalle altre notizie attorno, come fosse l’unica vera notizia del giorno. Una madre che abbraccia suo figlio. Un figlio che corre ad abbracciare sua madre. C’è altro da raccontare? Le foto parlano da sole, ma vanno guardate. C’è una maglia azzurra, una divisa, c’è una scritta che dice "Italia". Siamo noi, è casa nostra è il nostro Paese. È la nostra foto. La mamma chiude gli occhi, stringe la testa del figlio a sé, comprime le labbra in una smorfia. Può essere tornato da una guerra quel ragazzo, da una missione, da un viaggio lontano e difficile, o reduce al culmine della sua giornata di lavoro, da un successo, da una vittoria. È un ritorno a casa: figlio mio, finalmente, eccoti qua. Figlio mio. C’è la pena, la sofferenza, e per questo la gioia, la liberazione che sgorga con le lacrime e si rafforza nell’abbraccio. È stata dura, ma è fatta. Un figlio che sorride poco, che esulta poco, che deve ancora imparare a fare festa, corre da sua mamma. La nostra prima parola: mamma. Come solo noi italiani lo sappiamo dire, da sempre, veri campioni in questo. L’istantanea che stiamo guardando è l’immagine della mamma italiana, aggiornata, anno 2012. Ma veramente siamo ancora così? E c’è il colore della pelle. Guancia contro guancia, le lacrime e il sudore che si mischiano, scivolando sulla pelle scura e su quella chiara. Qualcuno già dice che questa foto è, e sarà, lo spot più bello a favore dell’affido e dell’adozione. Di quella sorta di dolcissima e vera guerra totale e infinita che è, comunque, la ricerca, l’arrivo, la nascita o l’accoglienza, la crescita, l’educazione di un figlio. Dei dubbi e delle paure di essere o voler essere genitore. Perché anche qui un giorno arriva il momento dello spread, della distanza. I problemi che aumentano con l’età, il carattere, una vita complicata, come il passato che ritorna e presenta il suo conto. Poteva non esserci una partita di calcio prima di quella foto, ma una partita c’è stata. Mario Balotelli non è uno che piace a tutti, non lo puoi prendere così com’è e farne di botto la bandiera, l’esempio, il modello. È straordinario, straripante, ma sbaglia tanto e si merita fiumi di critiche, a volte snerva per manifesta indolenza o per eccesso di rabbia, è un pozzo di notizie che non abbiamo voglia di leggere o di sguardi che non vorremmo incrociare. Ed è il bersaglio di parole e di gesti e di ululati che non dovremmo mai sentire. Ma è un ragazzo. Che a un certo punto fa i tre gol più belli, puliti e perfetti del campionato europeo di calcio. Impara a esultare. E a fine partita corre semplicemente ad abbracciare sua madre. Figlio mio. Mamma.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: