domenica 29 settembre 2013
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Per il suo settantasettesimo compleanno il presidente del Pdl Silvio Berlusconi ha deciso di offrire, lui, a tutti i suoi concittadini la torta immangiabile di una crisi senza senso e senza costrutto. E noi italiani, comunque la pensiamo e comunque votiamo, da ieri sera proprio nulla abbiamo da festeggiare e molto da temere per noi stessi, cioè per le nostre famiglie, per le aziende che conduciamo o nelle quali lavoriamo, per le strutture pubbliche nelle quali serviamo, per le iniziative sociali che animiamo, per quello che un mucchio di gente si ostina a considerare l’oggetto primo di una seria azione politica: il bene comune. Che non è un’astrazione, ma la vita presente di una comunità e la preparazione saggia (cioè memore) del suo futuro. Questa torta, sia chiaro, il senatore Berlusconi (quasi decaduto e presto interdetto dai pubblici uffici, in forza di legge e di sentenze giunte al terzo grado) non l’ha impastata in solitudine. Altri hanno cooperato con dedizione degna di miglior causa. Ne abbiamo, del resto, già scritto su queste colonne. Ci sono le responsabilità di un Pd impelagato in una sorprendentemente aspra lotta interna per la leadership (tra Matteo Renzi e tutti coloro che non sono già con lui) nella quale il quadro del governo “di larga intesa” guidato da Enrico Letta è diventato purtroppo un prolungamento del campo di battaglia. E non va dimenticato il peso oggettivo degli ingredienti forniti da boatos (e non solo) su prossime e dirompenti iniziative di alcuni pm (il famoso “tintinnar di manette”, naturalmente per il Cavaliere di Arcore, ovviamente accompagnato dall’umiliante sfrigolare dei flash). Ma alla fine la torta l’ha sfornata il presidente del Pdl, che l’ha ricoperta con la glassa a pronta presa di una protesta anti–Iva tanto clamorosa quanto insostenibile visto che la crisi di governo (e presto, forse, anche di legislatura) rende inevitabile proprio l’aumento di un punto della tassa sui consumi e, per sovrappiù, rimette in questione pure la riforma dell’Imu. Il paradosso, poi, è che questo “costo” non è neanche il più alto tra quelli che tutti noi finiremo per pagare nelle prossime settimane, che avrebbero dovuto vedere ministri e parlamentari varare la legge di stabilità 2014. Una torta davvero immangiabile, che sino all’ultimo abbiamo cercato di considerare anche inimmaginabile. Purtroppo non è così, e si fa fatica a pensare a un’alternativa utile e decente. E questo non è solo un dramma, è anche la sottolineatura di un compito che dovrà, in ogni caso, essere onorato: va data ai cittadini di questo Paese una legge elettorale degna di questo nome, che li metta in condizione di scegliere loro, e non più i capipartito, chi li rappresenta, e di dare un’indicazione (almeno quella) per il governo nazionale. Aspettiamo, e senza rassegnazione al peggio.​
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