martedì 6 novembre 2012
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Nel teatro confuso e irrequieto del nuovo Egitto entra in scena un nuovo attore. Non si tratta di un personaggio politico, ma proprio per questo potrà giocare un ruolo molto importante. È il nuovo Papa della Chiesa ortodossa copta, Tawadros II, scelto domenica scorsa dopo l’interregno di nove mesi dalla scomparsa del predecessore Shenuda III, alla guida per tre decenni della minoranza cristiana più numerosa di tutto il Medio Oriente. In tutti questi anni i copti, che rappresentano all’incirca il 10% degli 80 milioni di egiziani, hanno sofferto l’emarginazione a livello sociale e politico e in molti casi sono stati oggetto di attacchi sanguinosi, come l’efferata strage compiuta davanti ad una chiesa di Alessandria il Capodanno del 2011. Poche settimane più tardi la rivolta contro Mubarak s’ispirò agli ideali di riconciliazione, con la croce e la mezzaluna innalzati sullo stesso striscione a piazza Tahrir. Ma la speranza della primavera araba si è rivelata illusoria: le violenze contro i cristiani sono andate avanti come e più di prima, ad opera delle sette salafite e delle frange più radicali del fondamentalismo islamico e nella sostanziale indifferenza dei cosiddetti moderati, i Fratelli Musulmani. Ed ancora oggi i cristiani d’Egitto continuano ad essere minacciati e discriminati, nonostante le belle parole del neo-presidente islamista, Mohammed Morsi.È dunque una Chiesa sotto attacco quella che si trova a guidare il nuovo Papa copto-ortodosso. Scelto a sorte da una terna di nomi, una procedura nella quale i fedeli riconoscono la mano divina, Tawadros II sembra avere tutte le qualità necessarie per l’arduo compito cui è stato chiamato. È nel pieno delle forze (ha compiuto sessant’anni proprio nel giorno della sua elezione), ha una solida cultura teologica ed è stimato da tutti come uomo aperto al dialogo. Con l’islam intende avere «una relazione di pace, d’amore e di grande rispetto», ha dichiarato al giornale francese <+corsivo_bandiera>La Croix<+tondo_bandiera> poche ore prima d’essere eletto, un’intervista che suona come una dichiarazione programmatica. Nei confronti del potere politico Tawadros manifesta un sano realismo, evitando sia la logica dello scontro che quella dell’arrendevolezza. Sul ruolo della Sharia, la legge coranica che viene definita come fonte principale del diritto nella vecchia Costituzione egiziana, dice di non aspettarsi una sua abolizione. Ma se i salafiti vorranno introdurre un’applicazione rigida di quel principio, allora «la Chiesa sarà contro, e si batterà insieme con i laici e i liberali». Quel che più sta a cuore al nuovo Papa copto-ortodosso è il ruolo spirituale della Chiesa. «Oggi esercita un altro ruolo importante, quello sociale – spiega –. Ma le circostanze hanno creato una certa confusione e io intendo correggere questa tendenza». La sfida cruciale che si trova davanti è l’unità della Chiesa. Negli ultimi tempi l’anziano Shenuda III era sempre più criticato dai giovani per non aver preso le distanze da Mubarak e poi dalla giunta militare. Ed è ai giovani che Tawadros II promette di dedicare il massimo delle sue cure pastorali perché sono il futuro della Chiesa e dell’Egitto. Con l’orgoglio di chi sa che i copti (il cui termine significa egiziano) sono parte essenziale della società, in dialogo costante con i musulmani. Un dialogo in cui ognuno interpella e si lascia interpellare dall’altro, come ha detto Benedetto XVI nel suo recente viaggio in Libano. Un’inedita sintonia tra il Pontefice di Roma e il capo della Chiesa copto-ortodossa, un buon auspicio per l’Egitto e l’intero mondo arabo.
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