sabato 26 ottobre 2013
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Quasi a preludio della Giornata della Famiglia in programma oggi pomeriggio e domani in piazza San Pietro, che si annuncia come una straordinaria festa internazionale di popolo, Papa Bergoglio ha offerto ieri alla riunione plenaria del Pontificio Consiglio per la Famiglia una suggestiva sintesi programmatica, che idealmente salda questo scorcio finale dell’Anno della Fede con il prossimo biennio di riflessione e di preghiera dedicato dalla Chiesa alla famiglia. Il Sinodo, infatti, si riunirà per ben due volte a Roma, di qui al 2015, mettendo la cellula primaria di ogni società e di ogni epoca al centro dei lavori. E impegnando quindi tutti i vescovi e le comunità cattoliche del mondo in uno sforzo corale.Ci dovrà pur essere un motivo per tanta insistita attenzione. Non sarà cioè un caso se, da Francesco in giù, pastori e fedeli convergono sulla necessità di tenere fisso lo sguardo sulle gioie e sulle speranze, sulle tristezze e sulle angosce di miliardi di padri e di figli, di donne e di anziani che condividono i comuni destini nei loro focolari domestici. E Francesco ieri non ha esitato a richiamarlo, quel motivo, quando «senza esagerare» ha proclamato che «la famiglia è il motore del mondo e della storia». Perché è da lì che tutto scaturisce: le nostre inclinazioni e i nostri valori, le nostre attitudini e le nostre concezioni del bene e del male, ma anche la nostra disponibilità verso ogni «altro da noi» e verso le diverse comunità in cui tutti ci ritroviamo nelle diverse fasi della vita.Nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico sono risuonati ieri accenti che riecheggiano un altro celebre discorso pontificio sulla famiglia: quello pronunciato da Paolo VI il 5 gennaio del 1964 nella Basilica dell’Annunciazione, in quella che lo stesso Papa Montini definì «la scuola di Nazareth». Parole entrate ben presto nella liturgia cattolica della prima domenica che cade ogni anno dopo Natale, festa della Sacra Famiglia. Parole che Francesco ieri ha indirettamente ripreso, ricordando che nel focolare domestico «la persona prende coscienza della propria dignità» e che al suo interno si impara, tra le tante, una verità fondamentale: che «una comunità è di più che la somma delle persone».Ecco dunque il punto di partenza dal quale Bergoglio ha preso le mosse per i suoi ormai consueti «tre punti». Anzitutto la necessità di difendere la "comunità-famiglia" in quanto tale, proprio mentre dovunque nel mondo «prevale la tutela dei diritti individuali». La rivendicazione, poi, del gesto che fonda il nucleo familiare: il matrimonio come «reciproco donarsi» che, anche a voler prescindere dal valore religioso che la fede gli attribuisce, si configura «come se fosse un primo sacramento dell’umano». Ed è chiaro che, come tutte le cose umane, un matrimonio è destinato a incontrare momenti di prova, di contrasti, di crisi. Ma proprio qui la fede cristiana suggerisce il rimedio vincente, indicando la strada «tanto bella» del «fare la pace». Una strada dove «non è facile andare», ma guai a non mostrarla, con coraggio e mediante l’esempio di genitori e nonni, ai giovani sposi: a loro soprattutto «bisogna dirlo!».E infine le due fasi fragili per definizione della vita familiare: l’infanzia e la vecchiaia. Papa Francesco ne ha fatto già altrettanti cavalli di battaglia della sua predicazione. Ma ieri ha in qualche modo collegato la sfida per difendere le realtà più vulnerabili dei nuclei domestici a un altro suo tema saliente: quando ha riferito la sua domanda ricorrente ai papà in confessionale sul giocare e sul «perdere tempo» con i figli, quando ha bollato come «fallimento della società» ogni atto di abbandono e di emarginazione di bambini e anziani, ha in fondo additato le radici più nascoste di quella «globalizzazione dell’indifferenza» che tante volte ha denunciato come scandalo universale. Per la Chiesa italiana il discorso di ieri, come del resto l’intera permanente "strategia dell’attenzione" verso la famiglia, offrono ulteriori elementi di conforto e di stimolo, su un itinerario intrapreso da tempo e che, da ultimo, ha visto dedicare al tema la Settimana sociale di Torino di metà settembre. Ed è significativo che, nell’ultimo Consiglio episcopale permanente, anche il cardinale presidente Angelo Bagnasco abbia definito la famiglia «cuore e motore» del nostro Paese.
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