martedì 20 maggio 2014
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​Ieri l’Ue ha riunito il Consiglio dei ministri dell’agricoltura. Obiettivo: togliere la data di scadenza da alcuni prodotti come pasta, riso, caffè e formaggi duri, questo al fine di limitare lo spreco alimentare. Decadrebbe quindi l’obbligo di indicare in etichetta il termine di conservazione, cioè la dicitura «da consumarsi preferibilmente entro il...»,  per prodotti come pasta, riso e caffe. Secondo i rappresentanti di alcuni Paesi si rischierebbe di gettare nella spazzatura grandi quantità di cibo ancora buono, proprio a causa del limite entro cui detti alimenti dovrebbero essere consumati. Nella Ue, purtroppo, non si perde il vizio di prendere posizioni sempre più estremiste e, invece di spiegare quella che potrebbe essere una buona idea – evitare lo spreco degli alimenti – si sta prendendo una decisione che difende di più il marketing di quei cibi che, una volta scaduti, pur rimanendo commestibili, perdono tuttavia qualità. Si dovrebbe invece puntare a difendere il cibo di qualità, che protegge la salute del consumatore solo fino a quando le sue caratteristiche alimentari si mantengono. La Coldiretti ha quindi ragione nel lanciare questo allarme. Per capire meglio il problema è importante distinguere. Con la dicitura "Termine Minimo di Conservazione"  («Da consumarsi preferibilmente entro….») si indica «la data fino alla quale il prodotto alimentare conserva le sue proprietà specifiche in adeguate condizioni di conservazione». Però, tanto più ci si allontana dalla data di superamento, tanto più vengono a mancare i requisiti di qualità del prodotto, quale il sapore, odore, fragranza.La data di scadenza vera e propria è invece il giorno entro cui il prodotto deve essere consumato altrimenti ci si espone a rischi seri per la salute. La data viene riportata sulle confezioni con la scritta «da consumarsi entro» e si trova in quei prodotti che generalmente non superano i 30 giorni di conservazione, come ad esempio latte fresco e uova. Quindi, secondo questa proposta di legge Ue, non si rischierebbe nulla in fatto di salute, ma si potrebbero perdere solamente il gusto e l’odore del cibo. Ma non è così.  Col passare del tempo, infatti, si perdono con sicurezza le qualità organolettiche nutrizionali di quei prodotti che all’inizio erano di grande valore e poi, man mano, diventano solo prodotti che hanno solo una certa consistenza fisica ma qualitativamente scadenti. L’ideale non è eliminare dall’etichetta la data di scadenza, ma iniziare ad educare seriamente il consumatore a saper distinguere ciò che non crea problemi alla salute, ma non aiuta a introdurre buoni nutrienti, da ciò che invece può creare danni proprio perché la scadenza altera il prodotto iniziale e quindi provoca anche qualche malattia.
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