sabato 22 agosto 2015
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Il bulldozer e il monastero. Due parole così lontane. Ma proprio questo potrebbe essere il titolo delle immagini diffuse ieri dai jihadisti dalla regione siriana di Homs, a 130 chilometri da Damasco. Fino a due giorni fa vicino alla città di Qaryatain sorgeva intatto, dal V secolo dopo Cristo, il monastero di Mar Elian: una cittadella di pietre dorate fondata sui resti di sant’Elian, ucciso attorno al 284 dal padre, ufficiale romano, perché si rifiutava di abiurare la fede cristiana.Già mesi fa il priore, il sacerdote siro-cristiano Jacques Mourad, era stato sequestrato. La sua comunità era una filiazione di quella del gesuita Paolo Dall’Oglio, da oltre due anni in mano ai suoi rapitori. Anche di Mourad non si hanno più notizie. Ma disperdere i cristiani non è bastato: a Mar Elian è stato mandato il bulldozer. Nelle immagini si vede uno che sfracella mura, schiantando la benna d’acciaio contro le antiche pietre. Dalle rovine si leva una fitta polvere, le strutture collassano, mostrando la trama delle travi. Sembra di sentire il rombo del motore che furiosamente spinge, le grinfie metalliche che divelgono, che sradicano dalla terra anche le reliquie del santo martire. Poi, nell’ultima immagine, il bulldozer pare acquietato, in posa nel suo teatro di rovine.Prima del conflitto in Siria, a Mar Elian le ore erano scandite dalle preghiere, dall’alba al tramonto. Ma, avanzando la guerra, il monastero si era fatto casa per chi cercava un rifugio, arrivando a ospitare e sfamare molte centinaia di profughi. Anche 43 famiglie musulmane avevano trovato asilo in quella casa di misericordia. Padre Mourad ne andava fiero: «Ospitare i nostri fratelli musulmani è un nostro diritto e un nostro dovere», diceva. E dunque la ferocia di quello sventramento è sì, contro i cristiani, ma ancora di più forse contro lo stesso spirito di cui il cristianesimo è portatore in ogni luogo del mondo, in Asia come in Africa, nelle Americhe come in Europa: l’accoglienza ai fuggitivi, ai minacciati, ai deboli, chiunque essi siano, da qualunque parte provengano. Quel bulldozer è stato mandato contro la misericordia cristiana stessa, contro l’idea che, fra uomini di fedi differenti, si possa sostenersi nella pietà e nella pace. È la violenza cieca che si abbatte sull’agnello, è il puro gusto della sopraffazione.A tre giorni dall’ esecuzione dell’ottuagenario archeologo che aveva custodito devotamente le rovine di Palmira, i jihadisti mandano un’altra dimostrazione di compiaciuta ferocia in queste immagini che si sono zelantemente affrettati a diffondere. Nell’elenco infinito di violenze che accompagna la storia dell’umanità, questa del filmare, e diffondere in fretta lo spettacolo del male, è una relativa novità. Una volta, certo, non ce n’erano i mezzi tecnologici. Ma non c’era nemmeno, forse, questo compiacimento quasi pornografico nell’esibire il male. I lager, ce li hanno mostrati gli Alleati quando ci sono entrati, non i nazisti. Di modo che il bulldozer di Mar Elian ci turba come una mutazione maligna, nella pur grande e antica capacità di male degli uomini. Chissà che ne è ora dei profughi, dei bambini che fra quelle mura pietose avevano trovato asilo. Regna il silenzio, a Mar Elian, luogo di Dio e degli uomini. E sul silenzio si alza la polvere acre dell’ingiustizia e dell’odio.
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