mercoledì 8 maggio 2013
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La Consob, per bocca del suo presidente Giuseppe Vegas, si è dichiarata ieri preoccupata per gli effetti che la Tobin Tax potrebbe avere in termini di ridimensionamento della Borsa italiana. Se è ragionevole che Vegas esprima l’interesse dell’istituzione che rappresenta è anche ragionevole che noi ampliamo l’orizzonte esprimendo le preoccupazioni e l’interesse del Paese. Nel merito, il presidente dell’autorità di vigilanza sulle società e la Borsa teme che la tassa riduca le transazioni. Se nella Borsa inglese esiste da sempre una tassa sulle transazioni finanziarie ben più pesante della nostra (la Stamp Duty Tax) non si può certo pensare che in assoluto sia la tassa sulle transazioni a decretare in modo decisivo il successo o il fallimento di una piazza finanziaria. L’ipotesi di un crollo degli scambi, tra l’altro, non sembra per il momento avvalorata dai dati riportati dal "Sole 24 Ore" che, a un mese dall’entrata in vigore della Tobin Tax, indicavano volumi pressoché immutati e persino un aumento della quota delle transazioni sviluppate sulle piattaforme ufficiali e più trasparenti.La verifica dell’impatto è in realtà una cosa piuttosto complessa e seria, perché deve tenere conto di eventi e fattori concomitanti. Un lavoro di ricerca econometrico sviluppato sull’impatto che la tassa ha avuto in Francia, e che corregge per effetti stagionali e di dimensione, evidenzia ad esempio che vi è stato un calo delle transazioni di circa il 20%, e una parallela riduzione del 20% della volatilità dei prezzi durante la giornata, ma nessun effetto sulla liquidità e sui valori degli asset. Quindi, il calo delle transazioni potrebbe ragionevolmente verificarsi anche da noi, a regime. Ma il punto è un altro. Il problema di oggi, in una fase di "trappola della liquidità", non è quello di difendere la finanza o il volume delle transazioni tout court, ma di riportare la finanza al servizio dell’economia reale. Perché oggi un euro investito può finire nelle slot-machine del "trading ad alta frequenza", risultando inutile o persino dannoso, oppure può finire a capitalizzare un fondo di microcredito e creare molti più euro di valore economico, promuovendo occupazione e inclusione sociale. Facciamo un esercizio concreto. Sul sito Internet della campagna "005" c’è un contatore che misura quanto avremmo guadagnato se avessimo imposto dal 1° gennaio 2012 la tassa sulle transazioni finanziarie con un’aliquota dimezzata rispetto a quella poi entrata in vigore in Italia. Al momento in cui scrivo il contatore indica la cifra di circa 4 miliardi e 200 milioni di euro. Ora, il documento elaborato dai "saggi" designati dal Quirinale ci dice che uno dei modi migliori di utilizzare risorse aggiuntive è quello di capitalizzare il Fondo centrale di garanzia per le banche che concedono prestiti alle piccole e medie imprese, riducendo il rischio di tali prestiti e consentendo alle banche stesse di farne di più, restando nei vincoli di patrimonializzazione imposti dalle autorità di vigilanza. Grazie a questo effetto moltiplicativo, con 2 miliardi in più di dotazione sarebbe possibile finanziare fino a 30 miliardi aggiuntivi di prestiti alle piccole e medie imprese. E i 2 miliardi posti a garanzia verranno effettivamente consumati solo nel caso in cui tali prestiti dovessero andare in sofferenza e le banche attingessero risorse dal fondo per coprire le proprie perdite. Se pensiamo che il canale del finanziamento bancario non sia l’unico e il più efficace, possiamo usare parte di queste risorse per agevolare il ricorso alla Borsa stessa da parte delle piccole e medie imprese tramite l’emissione di bond o aumenti di capitale. E la Borsa potrebbe persino guadagnarci nella sua vera funzione, che non è quella di essere una "centrale di scommesse", ma un luogo dove le imprese trovano canali diretti di finanziamento presso il pubblico. La campagna "005" insiste anche sul fatto che parte del gettito della tassa sulle transazioni finanziarie potrebbe essere utilizzato per finanziare la lotta alla povertà e al riscaldamento globale. Insomma, se consideriamo come bene prioritario il volume totale degli scambi in Borsa, allora la Tobin Tax può non essere la migliore delle proposte possibili. Se, invece, il bene prioritario è il bene comune, la sostenibilità sociale e ambientale dello sviluppo, la ripresa del Paese (e persino la restituzione alla Borsa della sua funzione più nobile), allora la tassa sulle transazioni può essere utile. Questo pensava Tommaso Padoa Schioppa, che la propose come uno dei due pilastri per incrementare le risorse comunitarie da destinare agli investimenti. E questo pensano le autorità comunitarie che hanno avviato la procedura di cooperazione rafforzata per la sua approvazione nei nove Paesi membri che hanno concordato l’iniziativa. Prima di iniziare a discutere è fondamentale mettersi d’accordo su quale sia il nostro obiettivo. Gli incroci, i semafori e i limiti di velocità riducono sicuramente la velocità della circolazione stradale, ma la massimizzazione della velocità non è l’obiettivo primario. Allo stesso modo, quando regoliamo il traffico della circolazione finanziaria dobbiamo giudicare le misure sulla base dei fini che riteniamo più importanti e sovraordinati.
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