lunedì 26 settembre 2011
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L’efficienza dell’organizzazione e dell’apparato, nel nostro immaginario corrente, parla tedesco. La parola decisiva sul rapporto tra la fede e l’apparato doveva essere detta lì, dunque, perché tutti intendessimo. E lì, naturalmente, poteva essere detta soltanto da un tedesco, che quell’apparato ecclesiale della fede l’ha pure abitato e guidato dal di dentro. La parola, però, è stata detta perché anche noi intendessimo: in tutte le lingue cristiane dell’occidente, a cominciare da quelle d’Europa. Perché è l’intera Chiesa che quest’uomo guida, ora, dall’interno.Il papa Benedetto ha di nuovo invitato a considerare un fatto impressionante. Nel nostro «ricco mondo occidentale», ha detto ieri, così efficiente, cresce la povertà. E non solo la povertà intesa come mancanza dei mezzi di una vita decorosa e degna. Diminuisce la fedeltà, lo spirito di sacrificio, la buona disposizione al legame sociale. E c’è, sul fondo, come un buco nero, una clamorosa carenza di «esperienza della bontà di Dio». Ed ecco l’enigma, vistoso e sconcertante, per il quale dovremmo nutrire uno struggimento meno lamentoso e più serio: per moltissimi, ormai, accade che questa carenza non trovi «alcun punto di contatto con le Chiese istituzionali e le loro strutture tradizionali». La provocazione appare più forte, proprio là dove la qualità del dispositivo è ammirevole. «In Germania la Chiesa è organizzata in modo ottimo. Ma, dietro le strutture, vi si trova anche la relativa forza spirituale, la forza della fede in un Dio vivente? Sinceramente dobbiamo dire che c’è un’eccedenza delle strutture rispetto allo Spirito». Notate bene. Il papa Benedetto allude, evidentemente, alle strutture di qualità: insomma, quelle che funzionano bene, quelle che sono pensate per offrire sponda all’azione dello Spirito.Notate bene. Il papa Benedetto allude, evidentemente, alle strutture di qualità: insomma, quelle che funzionano bene, quelle che sono pensate per offrire sponda all’azione dello Spirito. Non parla direttamente di ciò che non funziona tanto bene: va da sé che le inefficienze e gli ostacoli nuocciono. Qui si parla di un dispositivo per sé buono ("ottimo"). E nondimeno, c’è "un’eccedenza" imbarazzante rispetto alla potenza dello Spirito. E quindi c’è un eccesso di fiducia, di energie e di affanni, che vengono investiti nel puro dispositivo. Il luogo più concreto dello Spirito, avverte il Papa, è la fede. Tutto il resto deve apparire largamente sussidiario, e persino secondario. Se il luogo principale dello Spirito, ossia la fede, è tema di passioni tristi, di energie incerte, di presunzioni scontate, la crisi è insuperabile. "La vera crisi della Chiesa, nel mondo occidentale, è una crisi di fede. Se non arriveremo ad un vero rinnovamento nella fede, tutta la riforma strutturale resterà inefficace". La "nuova vicinanza della Chiesa alla società", non verrà dunque da una riconversione aziendale che si adatta al nuovo mercato. La nuova prossimità ecclesiale accorcia fisicamente le distanze fra l’inaudita presenza di Dio e la vita dell’uomo più comune. Da farglielo toccare con mano, quello che "manca" per avere la vita. Perché altrimenti, "guadagnassi pure il mondo", non ti resta niente in mano. È questa mancanza, lo spettro che si aggira per l’Europa. La fede in Dio deve andare in presa diretta con la vita quotidiana. E che sia fede, non un semplice convoglio umanitario.
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