venerdì 16 ottobre 2015
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Un’altra tragedia in gita. Un altro ragazzo morto, caduto di notte dalla finestra senza che nessuno se ne accorga. Un fatto clamoroso e doloroso che ci lascia sconcertati riempiendoci di dubbi e domande. Ma come vivono i ragazzi? E queste gite, vanno davvero fatte? Non sarebbe meglio abolirle in nome della sicurezza? Anche in questo caso i compagni hanno infatti ammesso che in camera si era bevuto e fumato, sebbene convenga ora astenersi dal fare speculazioni su cosa sia realmente accaduto. «Ma i ragazzi l’hanno sempre fatto in gita!», si sente dire da più parti con un certo fatalismo e l’idea dell’inevitabilità di tali comportamenti. Può darsi, ma in questi tempi c’è un elemento nuovo da considerare: stare insieme non è più scontato. La vera sbornia per i ragazzi di oggi è quella digitale, quella dei rapporti fatti di messaggi in chat o sui social con una progressiva riduzione degli incontri reali, in luoghi fisici. C’è bisogno che la prossimità dei corpi torni a essere esperienza oltre l’obbligo delle mattine a scuola. Passare il tempo insieme e condividere lo spazio fuori dalla classe costringe a farsi venire delle idee, a prendere iniziativa per rendere piacevole o almeno tollerabile la convivenza. Non è augurabile che l’unica idea sia stordirsi e annebbiarsi alla ricerca di una via facile per accettare gli altri e farsi accettare. Si può fare di meglio.Per questo ha ancora senso oggi portare le classi in gita, anzi forse più di ieri. La scuola che esce, che si allarga, che altrove si fa compagnia concreta può costituire una vera occasione di esperienza e di rapporto. Conoscere una città nuova, visitarne i musei e i monumenti, assaporarne la vita per le strade insieme ai compagni fa parte di quel lavoro personale di coltivazione della propria cultura che può fare da iniziatore e promotore della volontà di stare bene. La voglia di annebbiarsi passa con il desiderio di restare lucidi e svegli perché c’è qualcosa di interessante da fare, perché gli occhi devono vedere e le orecchie ascoltare. Resistiamo alla tentazione di ridurre l’offerta ai più giovani, non sgomentiamoci noi per primi. Loro sapranno sorprenderci anche in positivo, se gliene daremo la possibilità.
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