lunedì 4 maggio 2015
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«Riduzione del danno». «Il prezzo della democrazia». Sono le frasi più ricorrenti tra i responsabili delle Forze dell’ordine il giorno dopo le violenze a Milano in occasione della manifestazione no-Expo. Le usano per spiegare il comportamento di poliziotti e carabinieri, quella «tattica vincente» - come l’ha definita il capo della Polizia, Alessandro Pansa - che ha permesso di «evitare il peggio». Quello che volevano i violenti. Certo di fronte a quelle immagini che hanno fatto il giro del mondo, ai giovani (e meno giovani) incappucciati di nero, alle auto bruciate, alle vetrine sfondate, è difficile pensare a un «peggio» o accettare che sia stato «un danno ridotto». Ma basta fare qualche passo indietro nel tempo, ad altre manifestazioni, per capire che il ragionamento fila.Eccome se fila! E non è necessario citare l’esperienza negativa del G8 di Genova. Danni ben più gravi e, soprattutto, un’immagine ben diversa, ci sono stati anche dopo. «Se avessimo accettato lo scontro oggi le foto sarebbero state quelle di volti insanguinati, come altre volte. E invece solo auto incendiate», così ieri rifletteva un esperto di ordine pubblico. È tanto? è poco? Sicuramente non avremmo avuto quell’isolamento mediatico della violenza che è arrivato anche da personaggi solitamente molto critici verso le forze dell’ordine. Che non fanno mai sconti. Non abbiamo assistito questa volta ai distinguo, alle denunce sugli «eccessi di forza» dei celerini. Piuttosto sono arrivati apprezzamenti per la nuova strategia. Un isolamento ben visibile nelle riprese milanesi. Cromaticamente visibile: il nero della violenza. Ma che ancora una volta non è stato sufficientemente isolato dagli altri manifestanti, incapaci non solo di assicurare un adeguato servizio d’ordine, ma anche di prendere le distanze immediatamente, lì sul campo, da chi era sceso in piazza solo «per sfasciare tutto», come poi ha ammesso sfacciatamente. Perché quello che contava era la visibilità e non i contenuti. Ancora una volta, però, i "buoni" hanno coperto i "cattivi", questa volta più con omissioni che con complicità. E non sappiamo se senza la strategia delle forze dell’ordine non avremmo avuto anche questa volta un coinvolgimento più ampio. Proprio quello che volevano gli esponenti del "blocco nero".Certo anche loro, chi voleva manifestare pacificamente portando a Milano le critiche, alcune anche non sbagliate, all’Expo, ora fa autocritica, soprattutto perché tutto è scomparso, assorbito e annullato, dalla violenza. Sarebbe facile dire "chi è causa del suo mal…", ma certo una riflessione va fatta in quegli ambienti che per troppo tempo hanno accettato i violenti come compagni di strada o, come si diceva un tempo «compagni che sbagliano». Ma c’è un’altra riflessione da fare, urgentemente, perché potrebbe rendere vana la nuova strategia dell’ordine pubblico. Una riflessione che tocca una parte della magistratura, quella che ha annullato l’espulsione di alcuni giovani stranieri, fermati nei giorni scorsi con "materiale" analogo a quello poi usato per le violenze del primo maggio. «Siamo certi che anche loro erano lì», dicono ancora gli investigatori. Si dice sempre che la prevenzione è fondamentale, che va rafforzato il lavoro di intelligence, ma per questi risultati? E, spostandoci sulla violenza sempre di piazza ma legata agli ultras, basta ricordare i 25 "teppisti" del Feyenoord arrestati e poi condannati che non hanno fatto neanche un giorno di carcere. Per questo, ora, sarà molto importante vedere se qualcuno pagherà davvero e quanto per le violenze di due giorni fa. Importante soprattutto per i tanti cittadini milanesi che hanno reagito con grande senso civico, rimboccandosi le maniche, senza le pur giustificabili lamentele, per rimettere ordine in città, "angeli meneghini".Siamo con loro, attendendo quella giustizia che non può mai essere disgiunta dalla libertà, anche di espressione. Democrazia è libertà, nella giustizia. Per questo ora, dopo la «riduzione del danno», sarebbe opportuno aprire la discussione non sul "se" ma sul "dove" manifestare. Il tempo è maturo. Senza aver paura di perdere la visibilità che, comunque, ogni manifestazione, anche la più pacifica, cerca. Lo insegnano da tempo, pur con le ovvie differenze, le giornate della Gmg del 2000 nella periferia di Tor Vergata. Visibilità massima, due milioni di persone, tensioni zero. Paragone difficile, ma si può discutere. Perché se è vero che «la democrazia ha un costo» e a Milano lo si è ridotto moltissimo, non si possono lasciar comprimere ulteriormente i diritti di tutti, manifestanti pacifici e cittadini.
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