sabato 28 marzo 2015
«Il vento soffia dove vuole, e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito». L’immagine che Gesù offre all’attenzione di Nicodemo nel loro dialogo notturno raccontato nel terzo capitolo del vangelo di Giovanni è una delle più famose dell’intero Nuovo Testamento al punto che spesso viene citata anche in modo superfluo e stucchevole, un po’ come la celebre e altrettanto "scivolosa" «Ama e fa ciò che vuoi» di sant’Agostino.
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​«Il vento soffia dove vuole, e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito». L’immagine che Gesù offre all’attenzione di Nicodemo nel loro dialogo notturno raccontato nel terzo capitolo del vangelo di Giovanni è una delle più famose dell’intero Nuovo Testamento al punto che spesso viene citata anche in modo superfluo e stucchevole, un po’ come la celebre e altrettanto "scivolosa" «Ama e fa ciò che vuoi» di sant’Agostino. Però è un’immagine che può racchiudere il senso di questi due anni di pontificato di papa Francesco, uomo «nato dallo Spirito». Con papa Bergoglio dall’Argentina è arrivato anche un forte vento che si è abbattuto sulla Chiesa, la cristianità e tutto l’occidente, e ancora continua a vorticare spazzando e spiazzando, disorientando e ri-orientando un po’ tutti. Se si sa «di dove viene», quasi dalla fine del mondo, non si sa bene dove va: dove sta andando papa Francesco? Non è ancora chiaro, anch’egli soffia dove vuole, è in cammino con una libertà che desta sorpresa, ammirazione, trepidazione. Non si fa quindi in tempo a seguire il suo passo e ogni giorno c’è una novità: nel giorno del secondo anniversario del suo pontificato ha annunciato uno straordinario Anno giubilare di misericordia. Quest’ultima è senz’altro la parola-chiave bergogliana alla quale si potrebbe affiancarne un’altra: felicità. Papa Francesco di continuo, in modo esplicito e implicito esorta chiunque lo ascolti ad avere il coraggio di essere felice. Un’esortazione scomoda e scomodante, ma anche convincente perché lui stesso sembra animato da quel medesimo coraggio. In questo senso è emblematico il testo dell’Angelus del 7 dicembre 2014: «È curioso, ma tante volte abbiamo paura della consolazione, di essere consolati. Anzi ci sentiamo più sicuri nella tristezza e nella desolazione. Sapete perché? Perché nella tristezza ci sentiamo quasi protagonisti. Invece nella consolazione è lo Spirito Santo il protagonista! È Lui che ci consola, è Lui che ci dà il coraggio di uscire da noi stessi». In poche righe il DNA del pontificato: la consolazione, parola ignaziana, realizza il ponte tra misericordia e tenerezza, le due principali virtù di una Chiesa «ospedale da campo», un ponte necessario per avviare il cammino che il Papa ha indicato sin dall’inizio, quello di una Chiesa «in uscita» che, sfuggendo la tentazione egolatrica della mondanità, sconfigga il male dell’autoreferenzialità. La tentazione della tristezza che il Papa vuole combattere non è quella del singolo individuo ma dell’intero Vecchio Continente sempre più chiuso nel risentimento e nella nostalgia di un antico protagonismo.Questa guerra dichiarata alla tristezza in nome del coraggio della felicità, fa venire in mente lo scrittore inglese Gilbert K.Chesterton, apprezzato dallo stesso Bergoglio, e in particolare uno dei suoi personaggi più riusciti: Innocenzo Smith, protagonista del romanzo "Manalive" (Le avventure di un Uomo Vivo), che inizia proprio con un forte vento che si abbatte su Casa Beacon, portando uno scompiglio paradossale quanto vitalizzante e rigenerante. Lo stesso vento che agita Francesco, Papa Vivo.
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