lunedì 30 marzo 2015
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E chi si dimentica della zuppa di cipolle con la quale ci sfamava la famiglia che ci ospitò a Blois in quell’agosto del 1997, prima della Gmg a Parigi? O quella veglia notturna nella foresta sulla Loira e poi le docce al buio in un cortile tra i palazzi del 13° Arrondissement della capitale francese? Ma chi può scordare l’entusiasmo che ci trasmise Giovanni Paolo II all’ombra della Tour Eiffel, nel cuore dell’estate che ci stava traghettando, ancora una volta in gruppo, verso l’età adulta? E come non ricordare la delicatezza e la timidezza dei due ragazzi polacchi che trovarono un tetto in casa nostra nei giorni prima della Gmg di Roma nel 2000? E poi la gioia di ritrovarli in mezzo alla folla di una Tor Vergata rovente, caotica ma emozionante? Così tornano alla memoria le nuvole grigie su Marienfeld e l’umidità di quell’antica miniera fuori Colonia nel 2005, prima Gmg senza il suo fondatore, Karol Wojtyla. L’incontro con i popoli aborigeni dell’Oceania a Sydney nel 2008 ha ancora un sapore tutto esotico, come il viaggio in ambulanza con un’amica infortunata in mezzo alle migliaia di giovani radunati a Randwick. Rimane nel cuore ancora il calore dell’accoglienza andalusa a Siviglia, Cordoba e Granada. E chi mai dimenticherà la strenua resistenza alla pioggia e al vento di Benedetto XVI e dei “suoi” giovani a Cuatro Vientos, cuore della Gmg di Madrid? Impossibile togliersi dalla mente quel pranzo in compagnia di amici su una baracca–ristorante galleggiante sul Rio delle Amazzoni a Manaus nel 2013. E poi lo stupore di vedere i giornalisti di tutto il mondo emozionarsi come bambini per il fugace passaggio di papa Francesco davanti alla sala stampa mentre raggiungeva l’oceanica folla sull’oceanica spiaggia di Copacabana per la Gmg di Rio del 2013.Sono ricordi che tolgono il fiato, provocano nostalgia e in parte rispondono alla domanda “io chi sono”? Perché le Giornate mondiali della gioventù, immaginate proprio 30 anni fa da Giovanni Paolo II, di ricordi ne hanno seminati innumerevoli nei cuori di milioni di giovani, che oggi magari giovani non sono più. Ricordi non solo delle folle enormi, ma anche di tante piccole cose vissute. Non ci piace la definizione “generazione Gmg”, ma di fatto le Gmg hanno segnato il passo, affinato sensibilità, aperto gli occhi, donato relazioni. E se vi chiedete “a cosa servono le Gmg?” dedicate cinque minuti ad ascoltare le avventure di chi vi ha partecipato: in quei racconti troverete la storia e la fede di tante vite.
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