giovedì 27 ottobre 2011
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Il pellegrinaggio della verità e della pace di Benedetto XVI  e di tanti leaders religiosi e uomini di buona volontà ad Assisi cade esattamente a venticinque anni dal 27 ottobre del 1986. Allora Giovanni Paolo II convocò nella città di S. Francesco i cristiani e gli esponenti delle tradizioni religiose del mondo per una inedita e comune invocazione per la pace. Fu un grande e profetico evento, cui sono seguiti cambiamenti epocali. Se nel 1986 si era ancora in piena guerra fredda e incombeva la minaccia nucleare, da allora le vicende del mondo contemporaneo hanno conosciuto un’incredibile accelerazione dagli esiti imprevedibili: la fine dell’impero sovietico, lo sfaldamento dei blocchi nel cosiddetto Terzo Mondo, l’avanzamento del processo di globalizzazione, la manifestazione del terrorismo internazionale. Ad Assisi si aprì una nuova stagione: gli uni accanto agli altri, e non più gli uni contro gli altri. Ma c’è di più. Lo "Spirito di Assisi" – come lo definì papa Wojtyla – intuì il profondo rapporto esistente tra la religione e la pace e la fecondità del dialogo tra le religioni, chiave di volta per la costruzione di una nuova civiltà del convivere fondata sull’arte del dialogo in un mondo conflittuale. Quel giorno Giovanni Paolo II affermò: «Forse mai come ora nella storia dell’umanità è divenuto a tutti evidente il legame intrinseco tra un atteggiamento autenticamente religioso e il grande bene della pace».Dopo venticinque anni in cui lo Spirito di Assisi si è diffuso, coinvolgendo anche uomini e donne del mondo della cultura o che non professano una fede, la domanda è su che cosa possa offrire oggi, in un tempo di globalizzazione in cui i cambiamenti avvengono con rapidità ed è difficile registrarsi. Si tratta di una difficoltà avvertita anche dai mondi religiosi, che oggi abitano sempre meno in ambienti culturalmente omogenei. Genti di religione o etnia diversa vivono più mischiati. È l’esperienza dell’Europa di fronte all’immigrazione, ma anche alla nuova comunanza tra Est e Ovest. È la sfida del continente africano, dove la tenuta di Stati nazionali infragiliti è messa alla prova dalla pluralità di etnie, gruppi, confessioni. Al contempo, nel mondo virtuale si entra a contatto con tutti, si vive sempre più assieme e l’incrocio con chi è diverso da sé appare come un destino inevitabile. È infine la sfida di vivere in un mondo in cui si vede tutto, soprattutto l’abisso tra la ricchezza di pochi e la miseria di tanti.Sempre più, la condizione umana sta diventando il convivere. È la quotidianità per molti popoli, religioni, gruppi. Ma non sempre è facile. Orizzonti troppo ampi quali quelli della mondializzazione, inducono fenomeni preoccupanti: individualismi irresponsabili, tribalismi difensivi, nuovi fondamentalismi, violenza diffusa. Sono semplificazioni che possono affascinare giovani, disperati, gente spaesata per cui la società odierna è troppo complessa e inospitale, ma che pure possono attrarre politici spregiudicati alla ricerca di scorciatoie per il potere. Ha scritto Benedetto XVI all’incontro interreligioso di Monaco di Baviera promosso da Sant’Egidio un mese fa: «Il vivere insieme può trasformarsi in un vivere gli uni contro gli altri, può diventare un inferno, se non impariamo ad accoglierci gli uni gli altri, se ognuno non vuole essere altro che se stesso». Aggiungendo che le religioni «possono chiedersi come diventare forze del convivere». E ieri nell’udienza generale, parlando dell’odierno pellegrinaggio, il Papa ha usato parole che risuonano come una grande preghiera per la pace: «Come cristiani vogliamo invocare da Dio il dono della pace, vogliamo pregarlo che ci renda strumenti della sua pace in un mondo ancora lacerato da odio, da divisioni, da egoismi, da guerre. L’incontro di Assisi favorisca il dialogo tra persone di diversa appartenenza religiosa e porti un raggio di luce capace di illuminare la mente e il cuore di tutti gli uomini, perché il rancore ceda il posto al perdono, la divisione alla riconciliazione, l’odio all’amore, la violenza alla mitezza, e nel mondo regni la pace».In maniera semplice, ma profonda e convincente, lo Spirito di Assisi continua a prospettarci una convivenza possibile, fatta proprio, secondo l’amata espressione di Francesco, di «pace e bene». È ciò che i pellegrini della verità e della pace oggi, nella città del Serafico, mostreranno al mondo.
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