giovedì 20 agosto 2015
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​Il Parlamento tedesco ha approvato il terzo piano di assistenza alla Grecia, di cui la Germania è il principale finanziatore e quindi contemporaneamente il primo creditore. Atene è salva, per ora. La Vecchia Europa no. Quella Nuova, poi, rinuncia ancora una volta a nascere. Perché senza un vero condono - seppur parziale - dell’immenso debito pubblico greco, fra tre anni l’Unione Europea si troverà di fronte al medesimo bivio: prestare altri soldi alla Grecia o perdere un Paese intero e frantumarsi. Il "sì" del Bundestag agli aiuti è accompagnato infatti dal rifiuto a un taglio dell’onere debitorio che impedirà alla Grecia di correre senza giogo per scrollarselo autonomamente di dosso. Quale concessione massima, a Berlino, si parla di un alleggerimento. Con il coinvolgimento categorico del Fondo monetario. Ma quest’ultimo da mesi va dicendo che allungare ulteriormente le scadenze o limare i tassi senza asportare una porzione del fardello condannerà la Grecia alle inutili fatiche di Sisifo.Anzitutto una larghissima parte dei nuovi prestiti servirà per pagare i vecchi debiti, delle banche e dello Stato, tornando nelle casse dei creditori, Germania in primis. Così è stato per i 240 miliardi stanziati con i primi due salvataggi, così sarà per i prossimi 86. Dopo sette anni di recessione, con due miliardi di bollette non pagate soprattutto dalle famiglie e il Paese allo stremo, per rilanciare l’economia reale - turismo, commercio, industria e servizi - il governo di Alexis Tsipras o quelli che seguiranno dovrebbero contare solo su risparmi (leggi tagli) e privatizzazioni (leggi svendite, dagli aeroporti al Partenone). Schiacciati comunque dall’eterno ritorno dell’identico macigno.

Senza un taglio del valore nominale, poi, l’ulteriore estensione delle scadenze e l’eventuale riduzione dei costi d’interesse - in questo consiste l’alleggerimento sul quale ha aperto ieri il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble - imporrebbe ad Atene tutele esterne e austerità semi-perenne. La Vecchia Europa ha già concesso, infatti, due alleggerimenti del debito, nel 2010 e nel 2012, tanto che l’interesse medio che oggi la Grecia paga per gli aiuti ai suoi creditori è del 2,4%, lo 0,2% in più di quello tedesco o francese. La scadenza media, inoltre, è già stata portata ben oltre i vent’anni. Per questo una ristrutturazione limerebbe il costo solo di qualche briciola e porterebbe sul lunghissimo termine a una riduzione del valore netto del 30%, non di più. Quanto basta ai creditori per incassare con certezza gli interessi nell’arco di una generazione, troppo poco per risollevare Atene.La Nuova Europa dovrebbe invece avere il coraggio di pronunciare la parola condono. Quella resa impossibile, secondo i tedeschi e molti altri Paesi nordici, dall’articolo 125 del Trattato di Lisbona, diventato famoso negli ultimi mesi come "clausola di non salvataggio". È la regola della Vecchia Europa che impedisce all’Unione di sentirsi responsabile nonché di assumere impegni per i suoi stessi Paesi membri. «Volere è potere», avrebbe però risposto Angela Merkel a David Cameron quando a inizio estate il leader britannico ha chiesto di riscrivere le regole dell’Unione in materia di immigrazione e pensioni. Non si "vuole" invece salvare la Grecia e con la Grecia l’intera Unione?

Certo, c’è un prezzo da pagare in termini di mancati interessi per le casse tedesche, francesi, italiane, e quindi per i cittadini di tutti i Paesi creditori. Ma potrebbe essere il giusto sacrificio comune per la Nuova Europa, che solo unita può contare ancora qualcosa a livello globale. Altrimenti - come profetizza amaro Romano Prodi nell’intervista di oggi ad "Avvenire" - rischia di morire d’inedia. Nel 1950 c’era un solo Paese europeo fra i dieci più popolosi al mondo: la Germania. Oggi non se ne conta alcuno e nel 2050 persino la Russia sparirà dalla graduatoria, con gli Stati Uniti per la prima volta fuori dal podio. Ragionando nel lungo termine, guardando cioè seriamente in faccia il futuro, la Nuova Europa, quella davvero unita, potrebbe prendere il loro posto. La Germania, da sola, sarebbe condannata invece all’insignificanza insieme ai suoi satelliti. Ieri il Parlamento tedesco ha detto "sì" a salvataggio da Vecchia Europa, irrigidito dal timore che al solo pronunciare la parola condono avrebbe alimentato i populismi in altri Paesi debitori prossimi alle elezioni. Con un sussulto di solidale spirito comune, la Nuova Europa dovrebbe mostrare la lungimiranza politica di farla sua, quella parola che significa solidarietà, prima delle elezioni tedesche. Per salvare la Grecia, per cominciare a (ri)trovare finalmente se stessa.

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