giovedì 8 ottobre 2015
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Quello alla scrittrice bielorussa Svetlana Aleksievic è anche, e in misura non trascurabile, un Nobel dalla forte connotazione politica. Addirittura geopolitca, anzi, se si pensa che, mentre la crisi siriana sembra rafforzare sempre di più il ruolo della Russia sullo scacchiere internazionale, l’Accademia di Svezia ha deciso di premiare un’intellettuale che con estrema determinazione ha denunciato e continua a denunciare il dramma dell’ex Unione sovietica, non senza affondi diretti contro la politica del presidente Putin. Ma quello alla Aleksievic (classe 1948, tempestivamente tradotta in Italia da e/o, che ha in catalogo molti suoi titoli, e ora da Bompiani) è in primo luogo un Nobel per la letteratura. E riveste, anche da questo punto di vista, un’importanza non meno cruciale. Con il riconoscimento all’autrice di Preghiera per Cernobyl, Ragazzi di zinco e dell’imponente Tempo di seconda mano, infatti, viene sancita la rilevanza che il racconto della realtà è andato assumendo nel contesto culturale dei nostri anni. Genere solo in apparenza spurio, sul confine tra reportage e invenzione romanzesca, è stato portato alla ribalta da alcuni straordinari giornalisti-narratori tra i quali andranno ricordati, se non altro per contiguità geografica, Ryszard Kapuscinki e Anna Politkovskaja, la coraggiosa cronista moscovita della quale giusto ieri ricorreva l’anniversario dell’uccisione. Svetlana Aleksievic si inserisce in questa tradizione (meno recente di quanto potrebbe sembrare, se solo si dà uno sguardo alla generazione del primo Novecento), aggiungendo la novità di un metodo di lavoro personalissimo, nel quale l’ascolto paziente delle testimonianze dei reduci dell’Afghanistan o dei nostalgici dell’Urss si traduce in una prosa essenziale e, nello stesso tempo, di affascinante tenuta poetica. Nulla è inventato, tutto ha il tono di una colloquialità a tratti domestica, ma il dettaglio rivelatore è sempre a un passo, e basta un taglio di luce improvviso per riconoscere in quei ritratti la mano di un’artista cresciuta alla scuola di Tolstoj e Dostoevskij. Un Nobel da leggere, questa volta, e non solo da ammirare.
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