mercoledì 2 marzo 2016
C’è qualcosa di inaccettabile nella cosiddetta paternità di Nichi Vendola..(F.Camon)
«L'utero in affitto sia reato universale»
LA LETTERA Caso Vendola: altro che «diritti» siamo al mercato dell'umano (Marco Tarquino)
Caso Vendola, un nuovo tipo di orfanità
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C’è qualcosa di ammirevole e qualcosa di inaccettabile nella cosiddetta paternità di Nichi Vendola. È ammirevole che lui la voglia, dica di averla sempre desiderata, e che la sua famiglia se ne esalti, anzi si dichiari «pazza di gioia». Sì, la nascita di un figlio è accompagnata da queste emozioni, nel padre, nella madre, nei loro padri e madri, in tutta la famiglia, e in tutto il clan, cioè nelle famiglie che compongono la loro stirpe. Ma qui non c’è padre. C’è una madre, ovviamente, ma è estromessa, non-vista da nessuno, neanche dal figlio. Una madre-che-non-c’è. Se ci fosse un padre, se ci fosse la madre, tutti i parenti, e anzitutto quelli di Vendola che ora si dichiarano «pazzi di gioia», sarebbero intorno al piccolo con ben altre reazioni. Le reazioni dei parenti, intorno al neonato, figlio o nipote o bis-nipote che sia, chi di noi le ha viste non le dimentica. Il piccolo è giù, nella culla, assopito, con le manine serrate a pugno, le palpebre abbassate, così sottili che sembrano trasparenti, e su di lui si curvano in cerchio le teste, occhi e bocche, dei parenti ancora in vita, e ognuno dice la sua, si sentono commenti di ogni genere: «Somiglia al padre», «Identico alla madre», «Ha qualcosa del nonno», «Della nonna»... Se i parenti 'impazziscono' di gioia, impazziscono per questo: perché in quel piccolo nato rinascono il padre, la madre, il nonno, la nonna, tutti coloro che gli consegnano le proprie somiglianze. La nascita di un bambino è la rinascita di coloro che lui reincarna. È la loro immortalità. La vittoria della stirpe sulla morte. La morte è l’estrema sconfitta dell’uomo, la vittoria sulla morte è la sua massima vittoria. Si capisce l’impazzimento di gioia. Ma stavolta, per Vendola e i suoi familiari, niente di tutto questo può avvenire. Nicky non cercherà le proprie somiglianze nel cosiddetto figlio, perché non possono esserci: non è suo figlio. Non cercherà somiglianze col proprio padre e la propria madre, perché non ci sono: non è loro nipote. Il bambino è stato partorito da una donna che l’ha tenuto in gestazione, dopo aver ricevuto l’ovulo da un’altra donna, e il seme era stato offerto dal compagno di Nichi Vendola. È la pratica del cosiddetto 'utero in affitto'. Qui si dice che la prestazione sia stata offerta gratis. L’intesa per la gestazione vien registrata in un atto legale, che in America ha un valore superiore a tutto. C’è stato un caso in cui la donna che aveva affittato l’utero, firmando il contratto e incassando la somma, poi durante la gravidanza s’era affezionata al piccolo che cresceva dentro di lei, agitandosi e scalciando, e quando il piccolo è nato voleva tenerselo. Diceva: «È mio figlio». Ma il tribunale le diede torto: «Signora, lei ha firmato», e il diritto commerciale vale più del diritto naturale. Non puoi tenerti il figlio. Hai firmato, con ciò non sei più padrona del figlio che partorisci, non è tuo. I nove mesi della gestazione sono un’esperienza che l’uomo, inteso come maschio, non può capire. Ho scritto un romanzo su questi nove mesi, ho letto libri sulle/delle donne in attesa, diari, riviste. In quei mesi madre e figlio vivono 'una vita in due', in perfetta simbiosi. Sono un unico corpo. Condividono cibo, sangue, malattie, paure, gioie. Sentono gli stessi rumori, per il bambino tutti i rumori arrivano attenuati e scanditi da un suono ritmico, come d’un treno che batte sui giunti di un binario: è il cuore materno. La madre ha una voce, il figlio la impara. Se nella stanza della madre irrompe una figura minacciosa, a voce alta, il figlio trema. La madre, per istinto, lo protegge calando una mano sulla sua testa. Il nascituro riconosce quella mano. La gestazione è un’esperienza fondante, sia per la madre che per il figlio. Sto dicendo: la madre è madre prima di essere madre, il figlio è figlio prima di nascere. La nascita e la vita sono la continuazione di questo rapporto, indistruttibile nell’inconscio. Nel bambino tolto a chi l’ha partorito e dato ad altri, questo rapporto è distrutto. Il filo che lega il figlio alla madre e alla stirpe della madre è tagliato. Il figlio nasce orfano. Nasce da un lutto. Appare un nuovo tipo di orfanità.
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