sabato 10 settembre 2016
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Caro direttore,sulla rubrica Wikichiesa di 'Avvenire' del 28 agosto 2016, curata da Guido Mocellin, accanto alla lodevole iniziativa del blog che trasforma il male in bene, viene citata la proposta di Costanza Miriano relativa al chiedere le indulgenze per le vittime del terremoto. Non ci siamo sentiti in sintonia con tale suggerimento e vorremmo spiegare le nostre ragioni. Nel Catechismo della Chiesa cattolica si dice al punto 1030-1031: «Coloro che muoiono nella grazia e nell’amicizia di Dio, ma sono imperfettamente purificati, sebbene siano certi della loro salvezza eterna, vengono però sottoposti, dopo la loro morte, a una purificazione... La Tradizione della Chiesa, rifacendosi a certi passi della Scrittura, (Cf ad esempio 1Cor 3,15; 1Pt 1,7) parla di un fuoco purificatore». Un fuoco purificatore, quindi, a cui non si possono applicare categorie spazio temporali (cfr., tra gli altri, Joseph Ratzinger, Escatologia, morte e vita eterna). Nella teologia contemporanea c’è una tendenziale convergenza nell’affermare che il purgatorio non è un luogo, ma l’incontro purificatore con l’amore di Cristo. Per queste ragioni dispiace che una divulgatrice della dottrina cattolica, con tale seguito, non si premuri mai di correggere la visione di tanti followers che commentano sul fatto che la pratica dell’indulgenza «accorcerebbe il tempo in Purgatorio», ma ancor più grave che a questa idea medievale del Purgatorio si associ una presentazione in chiave magica delle indulgenze e, se non viene corretta, si potrebbe forse pensare che la si condivida. Di non secondaria importanza, è l’opportunità di usare un social media per esortare a seguire tale consiglio. Di fronte a quella lista di nomi si dovrebbe sostare in silenzio, rispettando quello spazio inviolabile dell’altrui intimità. Invece, la lista è stata resa pubblica su una pagina social con l’invito a «scegliere un nome dall’elenco». Questo è l’equivalente del mettersi in piazza a urlare i nomi uno a uno aspettandosi offerte e alzate di mano. In definitiva, se l’esortazione fosse stata quella di pregare per i defunti, anche scegliendone uno in particolare, la proposta sarebbe stata lodevole senza riserve. L’aver pubblicato una lista, l’esortazione a scegliere e la burocratizzazione di una pratica devozionale è stata una deriva che respingiamo fortemente: est modus in rebus.
Paola Lazzarini, Cagliari e altri 59 firmatari di tutta Italia
 
Apprezzo questa lettera, gentili amici, per l’impegno a esprimere le proprie ragioni con convinzione ma anche con una certa mitezza: è il modo di discutere tra cristiani (in Rete e ovunque) che preferisco. Proverò a fare altrettanto, visto che il direttore mi offre questa occasione di dialogo, ricordando che il mio commento si riferiva al post originario di Costanza Miriano («Che vadano in Paradiso», 25 agosto) e non a tutto ciò che ne è seguito.
 
Rinuncio a citare a mia volta il Catechismo della Chiesa cattolica («Le indulgenze»: nn. 1471-1479) a proposito delle pene temporali, le antologie che presentano il Purgatorio dantesco, le carte deontologiche dei giornalisti o i numerosi decaloghi di mediaetica digitale. Nel post della Miriano, che nasceva da un legame diretto e personale con le persone e i luoghi colpiti, ho visto l’esortazione a esercitare un’opera di misericordia spirituale coniugandola con una pratica tipicamente giubilare. In tale contesto anche immaginare di «pregare per i morti» adottando ciascuno una vittima e non per le vittime nel loro complesso poteva avere per qualcuno il suo senso, così come per qualcuno ha più senso un’adozione a distanza di una donazione generica 'per i bambini poveri dell’Africa'. Si proponeva alla fin fine di «pregare per i defunti, anche scegliendone uno in particolare»: quello che la vostra lettera descrive in conclusione come «ciò che sarebbe stato lodevole senza riserve».
 
Mi pare che le vostre pur fondate critiche al 'come' questa idea, in particolare nei giorni seguenti, e certo anche subendo il condizionamento delle accuse ricevute, è stata poi messa in pratica, sopravvalutino la portata del blog e le dinamiche dell’ambiente social nel quale prospera. Miriano è una giornalista-scrittrice, non il segretario del Sant’Uffizio: scrive post e non istruzioni che nessuno si lascerebbe impartire. La lista delle vittime era comunque pubblica. Ciò che a voi è apparso burocratico, ad altri potrebbe essere stato utile ad adempiere con serietà il proposito assunto. Mentre è probabile che i familiari delle vittime abbiano avuto ben altro a cui pensare che controllare in quale nodo della Rete restava impigliato il loro nome. Si poteva usare un’altra misura?  Certo che sì. Davvero la misura usata ha mancato di rispetto a chi soffre? Spero di no e mi auguro che questo invito sia stato, anzi, accolto da tanti come una carezza.
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