venerdì 19 giugno 2015
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L'enciclica Laudato si’ è una miniera di spunti con un ben preciso filo conduttore da tenere presente per valutare analisi e impatti socioeconomici. Lungo tutto il ricchissimo percorso il motivo principale è quello dell’uomo e del suo ruolo nel mondo e nella storia. Da una parte c’è la sua caricatura, il superuomo inebriato dalle conquiste del pensiero raziocinante che usa tecnologia e finanza per sfruttare e dominare ciò che lo circonda. Dall’altra la persona che si rende conto di vivere in un "ambiente" fatto di interdipendenze e reti di relazioni (con Dio, con gli altri esseri umani, con la natura come ecosistema e come insieme di specie animali e vegetali) e di essere legato in una catena di interdipendenze nel tempo con le generazioni passate e future. Il primo modello antropologico porta inevitabilmente a un sistema economico di pochi sfruttatori e tanti sfruttati, il secondo è inclusivo e solidale e può costruire un nuovo equilibrio orientato al bene comune. Usando una metafora per descrivere l’idea suggerita dall’enciclica è come se ci trovassimo in una sessione musicale dal vivo dove un gruppo di artisti arrangia e improvvisa. Non c’è uno spartito fisso, ma nel primo caso (il superuomo) si pensa di suonare da soli e si producono solo cacofonie. Nel secondo (l’uomo in relazione) si sviluppa la propria creatività tenendo conto dell’armonia dell’insieme e si produce un gran momento di musica. La soddisfazione della naturale aspirazione alla pienezza e alla felicità citata dal Papa nell’enciclica sta dunque nello scegliere la seconda opzione e nel coltivare quel rispetto e quella capacità di contemplazione che ci consente di vivere in armonia con l’"ambiente". È peraltro evidente che la concezione di 'ambiente' illustrata sopra va molto oltre l’idea della tutela delle specie animali e vegetali, che pure ricomprende, per collegare in un’unica trama anche il rapporto con Dio, con gli altri uomini presenti, passati e futuri. Lo stile dell’enciclica è insieme alto e coinvolgente, tanto che in alcuni punti che raccontano le bellezze del creato sembra di essere di fronte a uno di quei documentari capolavoro che alimentano il nostro stupore per la bellezza di ciò che ci circonda. Inseguire tutti i temi sarebbe opera improba nello spazio di un commento. C’è in più punti l’aspra critica alla massimizzazione del profitto, alla supremazia di una finanza autoreferenziale, una critica agli ogm non fatta di preclusione ideologica, ma legata ai loro effetti sulla distribuzione del valore nella filiera. E l’accenno interessante al debito ecologico dei Paesi del Nord verso quelli del Sud del mondo, l’apertura a una possibile 'decrescita' (come strumento di riequilibrio) in alcune aree del mondo, l’accenno al fatto che il controllo delle nascite non è la soluzione del problema ambientale. Tocca a noi dare maggiore respiro ad alcuni punti accennati. Ricordando che il 'voto col portafoglio' citato da papa Francesco si esprime al meglio nella dimensione premiale dell’impresa più sostenibile e non solo in quella di motivato rifiuto di acquisto. E che, mentre speriamo che un giorno arrivi un governo mondiale, le uniche politiche ambientali possibili ed efficaci sono oggi quelle nazionali che premiano/puniscono fiscalmente le scelte dei cittadini e delle imprese relative alla sostenibilità (conti energia, Iva modulata sulla sostenibilità ambientale delle filiere) proprio perché i cittadini sono sottomessi a un’autorità che esiste e può sanzionarli, mentre purtroppo non è così per gli Stati. Infine che la questione demografica esiste solo in condizioni di miseria e povertà estreme e si capovolge esattamente nei Paesi ricchi che hanno perso la capacità di sperare nel futuro (in tutti i Paesi Ocse siamo sotto il tasso di riproduzione della popolazione). Riprendendo i vari fili e stimoli è possibile dunque prefigurare un modello di economia civile e sociale di mercato sostenibile e partecipato in grado di creare valore economico ambientalmente, finanziariamente e socialmente sostenibile, che soddisfi molto meglio dell’attuale sistema l’aspirazione della persona alla fioritura della propria vita e al bene comune. Un sistema socioeconomico armonico deve sviluppare in egual modo efficienza, equità e fraternità senza 'lati corti' mentre la concezione magica del mercato e della massimizzazione del profitto criticata reiteratamente dal Papa nell’enciclica si concentra brutalmente sulla prima dimensione assumendo fideisticamente che le altre due saranno soddisfatte di conseguenza. Nell’ultima parte delle soluzioni è evidente che la costruzione di questo nuovo equilibrio non è demandata solo alla politica e agli Stati, ma dipende dalla cittadinanza attiva, dall’azione delle reti, degli enti intermedi e finisce per coinvolgere profondamente gli stili di vita di ciascuno di noi. In continuità con la visione di un’economia civile a quattro mani già sviluppata nella Caritas in veritate  dove cittadini responsabili e imprese sostenibili complementano l’azione di mercato e istituzioni per il bene comune.
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