mercoledì 11 maggio 2016
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Ci vogliono fede e coraggio, oggi, in Pakistan per portare la croce da cristiani. Un coraggio che si fa enorme per abbracciare la croce in pubblico. I cristiani pachistani mostrano la loro fede e trovano questo coraggio ogni giorno, da uomini e da donne che non intendono rinunciare a essere se stessi. Credenti e cittadini, cittadini e credenti: l’una e l’altra cosa insieme, non senza timore e sofferenza, ma senza esitazioni. Perché venga il tempo in cui la convivenza tra uguali e il rispetto di ogni differenza siano finalmente regola salda, e pacifica.Ci vogliono fede e coraggio in Pakistan per portare la croce da cristiani. E ce ne vogliono persino di più per farlo da non cristiani. Eppure accade. Il musulmano Khurram Zaki, giornalista e attivista per i diritti umani, uomo buono, lo ha fatto. Domenica scorsa è morto per questo, assassinato. Aveva letteralmente alzato e mostrato la croce, manifestando fianco a fianco nel 2014 con i cristiani attaccati e massacrati nelle loro chiese da fanatici islamici legati al movimento taleban. E si era idealmente caricato sulle spalle la croce della battaglia per la difesa dei diritti delle minoranze, reclamando soltanto di poter onorare il dovere di «costruire il Pakistan», secondo libertà, giustizia, rispetto reciproco, fraternità.Abbiamo tutti bisogno di conoscere e ascoltare uomini come Khurram il costruttore, perché ci sono di esempio. Sono persone che a loro volta sanno conoscere e ascoltare. Tutti i veri costruttori sono così, e sono aperti, sereni, fedeli, amanti delle buone regole e perciò determinanti nella battaglia per cambiare le leggi ingiuste come quella che in Pakistan viene chiamata «anti-blasfemia», ma bestemmia la vita dei pachistani di ogni fede e di ogni pensiero. I distruttori, invece, in Pakistan e in ogni altra terra, compresa la nostra italiana ed europea, non conoscono e non vogliono che ci si conosca, non ascoltano e non vogliono che ci si ascolti, coltivano ogni chiusura e alzano ogni tipo di barriera, insultano e imbavagliano, demoliscono i ponti e odiano gli uomini-ponte, fino a ucciderli. Come è toccato a Khurram Zaki. E prima di lui a Shahbaz Bhatti, lucido e generoso ministro cristiano per le minoranze, martire per il suo impegno. E a Salman Taseer, musulmano, che da politico coraggioso seppe schierarsi subito a difesa di Asia Bibi, condannata a morte solo perché fedele a Cristo. I distruttori disseminano sofferenze e lutti, accumulano rancori e sembrano sempre avere la meglio, ma alla fine non vincono, non vincono mai. Continueranno a essere sconfitti sino a quando ci saranno uomini e donne capaci di buona fede, di buona volontà e di memoria. Questa è la parte che tocca a tutti noi, senza distinzioni di origine e di fede. Perché la memoria degli uomini giusti, che i distruttori vogliono sporcare e cancellare, vince anche la morte ed è la madre dei costruttori di giustizia e di pace.
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