martedì 27 settembre 2016
Un parroco, l'attesa sfinente di un lavoro... chi ascolta il grido di Giampiero?
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Mi vuole un bene da morire. Sono certo che per me sarebbe disposto a rischiare la vita. Ha sbagliato, ha pagato, ha sofferto. Sono stato a trovarlo in carcere. Il direttore permise che lo incontrassi in privato. Mi corse incontro nel lungo corridoio, mi abbracciò a lungo. Le guardie, rispettose, guardavano in silenzio. Rimanemmo a parlare per molto tempo. Piangeva, Giampiero. Ancora conserva un cuore buono. Un cuore che si commuove, che prova compassione. Adesso è in libertà. Ha giurato di non cascarci più, di allontanarsi per sempre da certi ambienti malavitosi. Ha cercato un lavoro. Un qualsiasi lavoro che gli permettesse di sopravvivere onestamente. Niente, in questi mesi, non ha trovato niente. Da qualche tempo credo stia ritornando a sbagliare. Non mi convincono certi suoi comportamenti. La settimana scorsa l’ho incontrato ma non ho voluto salutarlo, ho allungato il passo. Volevo che comprendesse il mio disappunto, la mia delusione, il mio dolore.Ha capito. Ha fatto marcia indietro, mi ha raggiunto: «Perché non mi saluti, padre? Io sono tuo figlio. Mi hai dato la Prima Comunione. Sai tutto della mia vita. Perché non mi guardi, padre?». «E me lo chiedi, Giampié? Che stai facendo? Hai già dimenticato le promesse fatte? Le sofferenze passate? Non mandarmi più a chiamare se ti rimetteranno 'dentro'. Sono stanco, va per la tua strada». Non se ne va. «No, padre, no. Lo sai, voglio vivere. Io in carcere non ci voglio più tornare. Ma aiutami a trovare un lavoro. Ho bussato a tante porte. Non se ne è aperta una. Che debbo fare? Dimmelo tu: che debbo fare?». Ho voglia di piangere. Di fuggire via. Di abbracciarlo come quella volta in carcere. Di dargli due ceffoni. So che non sta mentendo, Giampiero.  Sono arrabbiato, deluso. Mi chiedo se ne ho il diritto. Possibile che questa mia Italia, che amo e che tento di servire, sia diventata così sorda? Possibile che non sappia andare incontro ai giovani di buona volontà? Possibile che non si chieda cosa mangeranno questa sera migliaia di bambini con i genitori disoccupati? Possibile che non si renda conto che Giampiero ci costerà di più il giorno in cui ritornerà in galera? No, non mi rassegno. Non posso. Non voglio. La delusione, lo scoraggiamento, possono essere accolti solo se hanno vita breve. Ma se la speranza muore il sole smette di far luce. Le stelle si spengono. L’amore arranca. Bando al pessimismo. Ogni notte ha la sua alba. Dopo la morte c’è la risurrezione. La vita vince. Sempre. Sono il parroco di Giampiero. E so che è mio dovere sperare anche per lui, pregare anche per lui. Lo faccio. La nostra comunità, da sempre, lo fa. Ma questa benedetta Italia a due – e più – velocità è un dramma immenso. Nei nostri quartieri si campa di 'droga'. Qualche ingenuo crede che legalizzando le droghe leggere si combatte la camorra. Questa è solo una pia illusione. La camorra si combatte innanzitutto togliendo la linfa vitale alle sue radici maledette. Non permettendo a esse di scendere nel profondo. La camorra si combatte con la legalità. Legalità vuol dire pretendere che ciascuno faccia il suo dovere. Ma solo se a ciascuno sono riconosciuti i propri diritti. E tra i diritti veramente tali il lavoro occupa uno dei primissimi posti. Sono il parroco di Giampiero. Sta a me amplificare il suo grido di aiuto, non permettere che la fiammella della sua vita si spenga. Possiamo piantare un fiore nel deserto? Tra chi legge queste righe ci sarà certamente qualcuno che gli potrà tendere una mano. Papa Francesco non si stanca di indicarci la via della misericordia. Diamo voce, mani, concretezza alla misericordia. Giampiero è ancora tanto giovane. Arriviamo prima che gli si indurisca il cuore. Prima che 'quelli' gli comandino di fare qualcosa di cui dovrà pentirsi per il resto della vita, 'qualcosa' che lo incatenerà per sempre. «Cosa debbo fare, padre? Dimmelo tu». Taccio. Posso solo chiedere aiuto. Lo faccio. Perché tanti sappiano. Perché i buoni non si lascino andare a giudizi e pregiudizi che diventano peccati. Perché impariamo a capire che dietro certe storie si nascondono drammi enormi. Perché chi ci governa possa farsi avanti e fare il suo dovere. Attendo. I poveri ci interpellano. Ci sfidano. Sui poveri saremo giudicati nel Giorno che non avrà tramonto.
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