mercoledì 28 settembre 2016
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Nel Paese delle cattedrali nel deserto, quale spazio può esserci per il Ponte sullo Stretto? E come va interpretata, dunque, l’ultima sortita del premier che ha (ri)tirato fuori dal cassetto un piano già studiato a suo tempo da Silvio Berlusconi, sventolando 100mila possibili nuovi posti di lavoro? Ci sono sicuramente diversi livelli di lettura, da quello economico legato alla necessità di progetti– simbolo in grado di fare da volano per rilanciare la crescita, sin qui al palo (inviando contemporaneamente un messaggio a grandi investitori pubblici e privati) a quello più strettamente po-litico, vista la coincidenza tra l’annuncio di Matteo Renzi e l’avvio della campagna referendaria su cui si giocherà buona parte del futuro del governo. 

Se vogliamo però circoscrivere il campo d’analisi all’impatto che un’opera del genere potrebbe avere su Sicilia e Calabria, non possiamo non sottolineare alcuni elementi, peraltro da sempre condivisi negli ambienti dell’esecutivo. Le due Regioni più interessate dal Ponte guidano la classifica delle opere incompiute, secondo l’ultimo monitoraggio compiuto dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

La Sicilia in particolare, in un Sud penalizzato, soffre di uno storico gap rispetto al resto del Paese quanto a realizzazione di strade, viadotti e ferrovie, ma anche di acquedotti, dighe e ospedali. Per non parlare dell’immane lavoro di messa in sicurezza di un territorio colpito a più riprese da frane, alluvioni e smottamenti. In altre parole, la “questione infrastrutturale” è forse il capitolo più spinoso della storica “questione meridionale”, da sempre alle prese con la pervasività del fenomeno mafioso in tutte le sue forme, con un’infinita lotta alla corruzione e ai clientelismi e con una crescente richiesta di trasparenza e legalità da parte dellla società civile.

Forse un criterio di giudizio interessante, per valutare a priori la bontà di un progetto che ha già suscitato anche ironie e polemiche, nel Palazzo così come nella Rete, può essere proprio l’interesse più alto: quello del grado di coinvolgimento del territorio locale. In questo senso, un’opera come il Ponte può arrivare a conclusione di un percorso, piuttosto che al suo inizio. La priorità adesso è completare ciò che è stato lasciato a metà, di qua e di là dal ponte eventuale, e che le stesse comunità reclamano giustamente da decenni.

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