martedì 8 marzo 2016
Non solo economia, l'ansia delle famiglie scuote il voto americano. Analisi di Elena Molinari.
Middle class Usa in crisi, ondata di populismo
COMMENTA E CONDIVIDI
La notizia di questa settimana nel circo delle primarie americane è che l’unico repubblicano in grado di fermare la cavalcata di Donald Trump verso la nomination sembra essere Ted Cruz. Vale a dire, un altro candidato anti-Washington che si presenta come alternativa allo status quo. È un’ulteriore conferma che negli Stati Uniti questa è la stagione elettorale degli outsider, dei politici che promettono di cancellare gli ultimi vent’anni di immigrazione, globalizzazione, high-tech e diritti a minoranze e gay e di tornare alla 'grandezza' dell’America di una volta. La stessa Hillary Clinton, che nelle previsioni di pochi mesi fa doveva volare incontrastata verso l’investitura democratica, fatica a liberarsi da un avversario socialista messosi alla testa di una 'rivoluzione'. Di malcontento dell’americano medio si era già parlato, ma gli analisti sono stati colti del tutto di sorpresa dalla portata del rifiuto delle istituzioni, Congresso e partiti in primis, che emerge dalle primarie di Stato dopo Stato. Molti fanno risalire, giustamente, la 'rabbia' dell’elettorato alla crisi finanziaria del 2008 e a una ripresa lenta e selettiva, che ha ignorato finora la maggior parte della popolazione americana. In realtà, l’ansia della famiglia statunitense non è solo economica, risale alla svolta del secolo e non è destinata a risolversi né con l’elezione del 45esimo presidente Usa né di quello successivo. Il populismo di questo ciclo elettorale è in larga parte il risultato della tensione fra gli americani che hanno prosperato nell’economia globalizzata e dell’alta tecnologia e quelli che sono stati masticati e risputati da una trasformazione troppo rapida e dolorosa. Se infatti la fascia più alta della classe media vive in un mondo di quartieri sicuri, buone scuole, famiglie intatte e fiducia nel futuro, una famiglia nel mezzo della scala sociale Usa si trova su terreno sdrucciolevole e ne è consapevole. Disgregatori sociali come l’abuso di droga, il divorzio e il fallimento scolastico ormai toccano la maggior parte delle famiglie della classe media, che rivela tassi di disagio non visti dalla Depressione. Una serie di dati emersi nelle ultime settimane fotografa nuclei familiari, soprattutto bianchi, affannati in un inseguimento estenuante del miraggio della stabilità. Nel 63% delle famiglie entrambi i genitori lavorano, di solito per necessità. Il 56% sostiene di non aver mai abbastanza tempo per i propri figli. Due terzi dei matrimoni finiscono in divorzio. Negli ultimi vent’anni in America il consumo di antidepressivi è quadruplicato: un americano su dieci (compresi i bambini) assume psicofarmaci. Fra le donne dai 40 ai 50 anni la proporzione sale a una su quattro. Ma i risultati della corsa sono deludenti: pochi lavori ben pagati nei servizi hanno sostituito molti impieghi persi nell’industria. Persino i colletti bianchi di livello intermedio, una volta sicuri, hanno visto il loro posto prendere la via dell’India, proprio mentre le reti di sicurezza sociale erano sistematicamente smantellate. La maggior parte degli americani vive una vita precaria. Il reddito reale del lavoratore tipico era stagnante prima della crisi ed è in calo da allora, con il risultato che, dice il Pew Research Center, un adulto su cinque vive in povertà o al limite della povertà. Nelle grandi città è peggio: il 51% dei newyorkesi non ce la fa a mettere abbastanza cibo in tavola ogni giorno. In realtà la diseguaglianza economica non è una novità negli Stati Uniti. Ma da sempre è stata compensata da una rapida mobilità verso l’alto che, secondo molti economisti, si è arrestata. Jeff Faux, autore del libro 'Servant economy', è convinto che gli Stati Uniti si possano riprendere dal crollo finanziario, ma che non possano più sostenere allo stesso tempo la crescita dei profitti di Wall Street, del complesso militareindustriale e del tenore di vita della classe media. 'Uno di questi sogni? Certamente. Due? Forse. Ma non tutti e tre', scrive Faux, aggiungendo che repubblicani e democratici hanno già tacitamente accettato che l’americano medio dovrà adattarsi a stipendi più bassi, meno opportunità e un progressivo indurimento delle linee di classe fino alla fine degli anni 2020. La novità di questi ultimi anni è che i diretti interessati se ne sono accorti e che l’improvvisa consapevolezza, secondo l’economista di Princeton, premio Nobel, Angus Deaton, ha tolto alle famiglie, soprattutto bianche, della classe media 'il senso della loro vita'. Il filosofo conservatore Rod Dreher la chiama 'espropriazione' un senso di promesse non mantenute che, spiega, alimenta il fenomeno Trump. Perdita di direzione, dunque, radicata in motivi economici, ma anche in un crollo epocale della struttura su cui era fondata la vita della classe media Usa: lavoro, chiesa, famiglia nucleare e fiducia nel futuro. Generazioni cresciute credendo nel sogno americano si sono scontrate con la sua incapacità di avverarsi e ora oscillano fra ira e una disperazione di cui si vergognano (non è 'americana') e che seppelliscono in comportamenti autodistruttivi. L’altro dato allarmante emerso quest’anno, infatti, è che l’aspettativa di vita dei bianchi della classe media dalla svolta del millennio è in precipitoso calo a causa dell’alto tasso di suicidi e di abuso di alcool e droghe. Un fenomeno che, secondo il Nobel Deaton, trova proporzioni equivalenti solo nell’epidemia di Aids. Per il sociologo Samuel Preston, è 'una chiara indicazione che c’è qualcosa di rotto nella famiglia americana'. Va notato che eroina, alcolismo e suicidi hanno toccato meno i latinos, che, sebbene più poveri dei bianchi, tradizionalmente mettono al centro della loro vita il legame con la famiglia allargata, che fornisce supporto e senso di appartenenza. Che larghe fette di americani fossero a caccia di candidati disposti ad arrestare le forze economiche e sociali in atto era emerso già da qualche anno. Il terreno per Trump è stato preparato dal successo del Tea Party, che negli ultimi anni ha smantellato i pilastri del conservatorismo tradizionale e seminato semi di ribellione nei confronti del governo e della politica. A sinistra, l’ondata di Sanders rappresenta un’evoluzione della piattaforma del movimento Occupy Wall Street, che il partito democratico non ha saputo incanalare. Quelle pulsioni ora sono incontenibili e, in una forma o nell’altra, continueranno a determinare il corso della politica americana per molto tempo. Perché la maggioranza della popolazione americana è disperatamente alla ricerca di un nuovo sogno in cui credere. 
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: