giovedì 5 marzo 2015
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La Francia dovrebbe proibire per legge le sculacciate. Lo raccomanda il Consiglio d’Europa, perché Parigi non rispetterebbe del tutto quanto stabilito in proposito dalla Carta sociale europea.  La decisione è stata sollecitata da una Ong per l’infanzia britannica, che ha sollevato la medesima critica ad altri Paesi, fra cui l’Italia. La deliberazione del Consiglio, per quanto ci riguarda, è attesa a primavera. La Francia, invece, è già stata bacchettata. Così ieri La Croix, quotidiano cattolico francese, si domandava in prima pagina: 'Bisogna proibire le sculacciate?'. Dove la prima reazione è di chiedersi se al Consiglio d’Europa non abbiano questioni più drammatiche di cui occuparsi. E se non sia ossessiva quest’ansia di normare, normare ogni cosa, dalla pesca della trota alla qualità dei cibi, fino alla quotidianità familiare, dentro le mura di casa.  Certo, occorre premettere con chiarezza, parlando di punizioni ai bambini, cosa intendiamo esattamente. Se ci riferiamo alla patologia familiare, alle botte sistematiche, alle umiliazioni, che in Italia e in tutta Europa sono reato, è superfluo dire che questa violenza è, di tutte, la più odiosa. Se queste cose accadono, e purtroppo ancora accadono, è per lo più in fasce di società emarginate, o provenienti da altre culture – come quelle in cui una figlia femmina per tradizione è chiamata a una obbedienza cieca. L’impressione però è che le punizioni cui si riferisce il Consiglio d’Europa siano proprio quelle evocate dal titolo di La Croix: se lo sculaccione a un figlio bambino che ne combina una grossa, cioè, debba diventare reato. In Svezia, è così dal 1979. A Stoccolma è normale, in un parco giochi, assistere a una scena di questo tipo: un bambinetto di pochi anni pianta un capriccio, si impunta, strilla come un’aquila, e i genitori cercano di farlo ragionare, di blandirlo; quello continua a urlare, la madre lo prende per un braccio e cerca di riportarlo a casa – timidamente però, perché se le partisse uno schiaffo, chi la vede dovrebbe denunciarla.  Ecco, è questa la direzione in cui, ci pare, va il Consiglio d’Europa. Perché i maltrattamenti ai figli sono già sanzionati nei Paesi d’Occidente. L’intenzione sembra invece quella di fare rientrare sotto a questa voce anche lo sculaccione che si dà al bambino che ti scappa di mano mentre attraversi la strada, o lo schiaffo al ragazzino di otto anni che dice a sua madre una parola che non deve. (Lo schiaffo dato in via eccezionale, certo, non quello abituale, che denuncia invece che in casa qualcosa va storto). Immaginiamo che da quella Ong britannica, e magari da altri, ci si obietterebbe che no, uno schiaffo mai, in nessun caso: che il gesto stesso è diseducativo, e 'lesivo della dignità' del piccolo. Mah. Dopo anni di pubbliche lezioni su ciò che è educativamente corretto, ci viene voglia di tornare alla realtà. La realtà fisiologica, e non patologica, di una famiglia con dei bambini piccoli, due, o perfino tre magari, come ha sperimentato a suo tempo chi scrive. Figli amatissimi, magari di sette, cinque e neanche due anni, il che comporta il vivere perennemente in un lieto caos, in una nuvola di pannolini, biberon, pappe, tricicli, asili e parchi giochi. Quando sei insieme mamma, chioccia, maestra, narratrice di favole, arbitro e allenatore di calcio – quanto al papà, generalmente torna tardi. Ecco, è in questo contesto che può partire lo sculaccione, o magari uno schiaffo su una guancia al maggiore. Ti diranno, no, dovresti ragionarci, dovresti convincerlo. Giusto, forse, ma utopico: convincere uno di tre anni intestardito in un capriccio non è semplice. E, certo, gli spiegherai poi, al più grande, perché quella parola non si dice. Ma se tutto è dentro una naturale dinamica di amore, quei rari sculaccioni scivolano via, si sciolgono un minuto dopo in un abbraccio.  Dunque, mentre a Strasburgo si problematizzano le sculacciate, ci viene il dubbio che simili ansie normative siano il segno di un’Europa che dei bambini parla solo in via teorica, avendo studiato molto corrette teorie pedagogiche.  Un’Europa che però non sa, in un mondo di figli unici oppure di zero figli, che cosa sono davvero i bambini, e non ricorda più com’è, averne attorno una nidiata: quando uno ti tira, l’altro grida e il terzo già corre in bicicletta, e la madre dispensa carezze e scapaccioni, al bisogno. Forse, a Strasburgo di tutto questo non hanno più memoria.  E vogliono penalizzare gli sculaccioni, come ignorando quanto male vero fanno ai figli altre cose: la divisione dei genitori, il restare tutto il giorno soli, o, semplicemente, certe parole. Non urlate, ma magari pronunciate con calma – così fredde però, che non si scordano più.
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