martedì 19 luglio 2016
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Nel cuore della grande emergenza educativa c’è un problema ancora più vasto e profondo, che la comprende e la ingloba. E che, neppure tanto paradossalmente, ne sarebbe la soluzione radicale. Perché se si vuole davvero invertire il disagio educativo che inquina tanti rapporti pubblici e privati e determina situazioni acute di malessere sociale, non c’è che una strada. Quella di ridare fiato a un’idea di matrimonio come motore pulsante della famiglia, architrave della società, grammatica di virtù che si irradiano dalla realtà domestica e diventano patrimonio civile.

 

L’equazione che dovremmo riproporre con forza, non si presta a equivoci. Ha l’immediatezza di uno slogan e la forza della verità: più matrimonio, più famiglia, più benessere sociale. Quanto più i giovani – e meno giovani – vengono aiutati a comprendere che il matrimonio è la via preferenziale per il raggiungimento della massima felicità possibile, quanto più le famiglie vengono poste nelle condizioni migliori per svolgere al meglio i propri compiti, tanto più si costruisce un futuro migliore per tutti, con comunità più vivibili perché più accoglienti, sorridenti e solidali. Non si tratta di un’utopia, perché laddove, come in alcune aree del Trentino, si è avuto il coraggio di costruire una società quanto più 'family friendly' possibile, si è visto un aumento della natalità e un rallentamento della conflittualità familiare.

 

Ma non solo, sostenere le reti familiari a livello locale, si è tradotto in un beneficio per quelle aziende che hanno adottato protocolli integrati per la promozione del benessere familiare. In questo modo sono diminuite le ore di malattia ed è aumentata la produttività dei dipendenti. Nessuna ricetta magica, ma una serie di buone pratiche come tariffe agevolate per le famiglie numerose, progetti di conciliazione famiglia-lavoro, aiuti per le mamme lavoratrici, redditi di garanzia con prestiti agevolati per le giovani coppie. Per risultare vincenti questi progetti devono però essere costanti nel tempo.

 

Quando la politica ha il coraggio e il buonsenso di abbandonare i conflitti ideologici per mettere al centro la bellezza e la bontà del 'far famiglia', si scopre che gli effetti, dall’Italia alla Germania, dalla Finlandia all’Australia – come dimostrano le ricerche più attente – vanno tutti nelle stessa direzione: alla radice del bene comune si può essere solo la valorizzazione della famiglia come soggetto sociale. E quindi il matrimonio come struttura portante, irrinunciabile e insostituibile della famiglia stessa.

 

La grande rivoluzione culturale per rifondare la verità delle relazioni – che la Chiesa da parte sua ha avviato con l’Esortazione postsinodale Amoris laetitia – deve iniziare da qui. Rimettere il matrimonio tra uomo e donna in un circuito virtuoso in cui educazione e scelte politiche riescano a offrire proposte armoniche e non dissonanti. Capaci da un lato di debellare offerte devianti – come le false suggestioni del relativismo affettivo o le teorie del gender – dall’altro di confermare i giovani nel loro desiderio di affetti stabili e duraturi. La svolta è possibile. Non smettiamo di crederci.

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