mercoledì 1 aprile 2015
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Il leader incarna vecchi mali ma può vincere Boko Haram L’ex generale golpista Muhammadu Buhari è dunque il vincitore delle più difficili e tormente elezioni nella storia moderna della Nigeria. Un voto svoltosi in un clima di alta tensione a causa dei timori di violenze tra i sostenitori dei principali candidati e per gli attacchi portati da Boko Haram. E sebbene i jihadisti non siano riusciti a interrompere la consultazione, come era nelle loro intenzioni, mai come oggi il Paese appare in bilico tra unità e disfacimento. Purtroppo, il rischio che possa riproporsi lo spettro della dittatura militare è sempre in agguato per le forti contrapposizioni tra le varie oligarchie del più popoloso Paese africano. In effetti, dall’indipendenza del 1960, la storia di questa ex colonia britannica è stata sempre condizionata dai militari. Non solo a seguito dei colpi di Stato come quello che nel 1983 portò al potere Buhari in qualità di presidente del Consiglio Militare Supremo. Basti pensare che da quando, nel 1999, in Nigeria è tornata formalmente la democrazia, ben due dei quattro presidenti eletti a suffragio universale avevano alle spalle una carriera nei ranghi delle Forze armate.  Oltre Buhari, infatti, anche Olusegun Obasanjo era stato a capo di una giunta militare dal 1976 al 1979, prima di diventare il primo presidente 'civile' del nuovo corso. E Buhari che aveva già tentato di diventare presidente nelle elezioni del 2003, del 2007 e del 2011. Nell’ultima consultazione era stato sconfitto da Jonathan, suo avversario pure in questa occasione, che aveva accusato di brogli, promettendo ai suoi elettori di promuovere in Parlamento un’opposizione serrata. Sebbene il presidente uscente, originario della regione del Delta e cristiano, abbia deluso molti dei suoi elettori – non solo per non essere riuscito a soffocare la rivolta dei Boko Haram, ma per le mancate riforme contro la corruzione e per essere in testa alla classifica dei 10 capi di stato più pagati nel 2014 – non c’è dubbio che questo passaggio di testimone veda protagonista un personaggio ancora più controverso.  Buhari è stato in passato un sostenitore dell’applicazione della sharia, la legge islamica negli Stati del Nord del Paese. Una normativa, questa, entrata in vigore nel 2000, paradossalmente sotto la presidenza di Obasanjo, cristiano, in flagrante violazione del dettato costituzionale della Repubblica federale. Leader del Congresso per il Cambiamento, ufficialmente partito progressista, Buhari ha promesso di spazzare via Boko Haram, soprattutto da quando, una decina di giorni fa, è stato vittima di un fallito attentato da parte dei terroristi. Originario dello Stato settentrionale di Katsina, Buhari è molto influente negli Stati musulmani del Nord del Paese, come anche nella vasta metropoli di Lagos. I suoi detrattori ritengono che molti dei suoi seguaci (soprattutto nei ranghi dell’esercito e della pubblica amministrazione) abbiamo fomentato, dietro le quinte, i Boko Haram in funzione antigovernativa, per indebolire Jonathan, anche se poi il movimento estremista è diventato una sorta di scheggia impazzita. E chissà che proprio per queste ragioni, considerato che egli stesso è ormai diventato un obiettivo sensibile dei Boko Haram, non riesca a soffocare la ribellione jihadista. Resta il fatto che la Nigeria sta attraversando una difficile congiuntura, legata soprattutto al crollo del prezzo del greggio, che rappresenta il 20% del Pil, il 95% delle esportazioni e il 65% delle entrate governative. Inoltre, è bene rammentare che in Nigeria l’esclusione sociale penalizza una percentuale elevatissima della popolazione per cui la ricchezza è in gran parte concentrata nelle mani delle varie oligarchie che si contendono il potere, molte delle quali di matrice massonica. Rimane poi sul tappeto la contrapposizione etnicoreligiosa tra gli hausa-fulani, musulmani del Nord, e gli yoruba e gli igbo, cristiani del Sud. Riuscirà Buhari a mantenere unito il Paese, lui che è un fulani di matrice sunnita? Sarà la storia a giudicare. Ma la cronaca comincerà a risponderci presto. 
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