martedì 17 marzo 2015
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Famiglia, figli, uteri in affitto: dissentire non si può Boicottare Dolce e Gabbana non è da tutti: per gettare nel cestino un capo firmato D&G bisogna quantomeno averlo acquistato. Più semplice era stato un anno e mezzo fa buttare i fusilli Barilla avanzati nella scatola: quello sì era un fiero boicottaggio alla portata di chiunque... La colpa di Guido Barilla? Avere espresso liberamente il proprio pensiero sulla famiglia durante un’intervista radiofonica: rispetto le persone omosessuali, aveva detto, ma «nelle mie pubblicità rappresento la famiglia classica». Immediata la gogna da parte dello star system planetario e della lobby Lgbt (lesbiche, gay, bisex, trans), con un’unica evidenza: tutti minacciavano, nessuno si era preso la briga di ascoltare l’intervista. Dopo una nottata che deve essergli costata anni di vita, Barilla diffuse il video della retromarcia: scusate – diceva più o meno, in lacrime – accetto di rieducarmi, sono cresciuto credendo che la famiglia fosse formata da padre, madre e figli, ritratto tutto e non lo dirò più.  Anatema rientrato. Ora tocca ai due noti stilisti, legati da decenni di amore omosessuale. Al settimanale Panorama Domenico Dolce ha dichiarato: «Tu nasci e hai un padre e una madre. O almeno dovrebbe essere così, per questo non mi convincono quelli che io chiamo i figli della chimica, i bambini sintetici. Uteri in affitto, semi scelti da un catalogo...». E alla domanda se avrebbe desiderato diventare padre, «credo non si possa avere tutto dalla vita, che ha un suo percorso naturale – ha risposto –. Ci sono cose che non vanno modificate e una di queste è la famiglia». Opinione giusta? Per noi sì. Sbagliata? Per altri, come si sa. Ma intanto un’opinione, per di più introdotta da quel verbo «credo». Eppure ancora una volta questo è bastato per scatenare una guerra feroce a livello mondiale, dichiarata da Elton John, il cantante inglese 'sposato' con un uomo e con il quale 'ha' due figli.  C’è una sola nota stonata nelle parole di Dolce ed è l’aggettivo «sintetici» riferito ai bambini anziché alle tecniche per averli: un figlio è un figlio, comunque venga al mondo, e la sintesi cui è ricorso suona infelice. Ma ciò che davvero ci deve preoccupare è la valanga liberticida che in poche ore si è riversata su Dolce e Gabbana, accusati esplicitamente di aver espresso il loro parere. «Fascista», hanno risposto alle minacce oscure di Elton John, che ha addirittura chiesto al mondo di annientarli, sapendo bene che la sua voce può spostare le masse, specie quelle che non leggono le interviste ma pigramente seguono la corrente. E infatti a valanga i 'vip' si sono allineati, tra chi fotografa le sue camicie già nella spazzatura («non voglio che nessuno più le indossi», ha twittato la tennista Navratilova, 'sposata' con una donna), chi come Courtney Love ricorre a roghi di triste memoria («ho raccolto tutti i miei vestiti per bruciarli») o chi come Ricky Martin rivolta la frittata: «Le vostre voci sono troppo potenti per spargere tanto odio», accusa i due stilisti, che in realtà hanno espresso rispetto per le scelte altrui. Anche lui, come Elton John, è padre di due gemelli commissionati a una madre surrogata, ovvero una donna così povera da poterla noleggiare a tempo, ingravidare e poi rimuovere, non prima di aver prelevato quel figlio cresciuto in grembo e partorito. La forma più inumana di colonialismo, di razzismo, di sfruttamento. La più volgare prevaricazione in stile 'ho i soldi quindi posso'.  Eppure su questo scempio tace lo star system, tacciono i garantisti dei diritti a tutti i costi (ma sempre del più forte!), tacciono persino certe opinioniste sui giornali italiani, che fingono di non sapere come fanno questi uomini ad 'avere' un figlio. In poche ore il tweet di Elton John ha scatenato decine di migliaia di altri tweet con un’audience potenziale di milioni di utenti, un «caso paradigmatico di amplificazione» lo chiama 'Reputation Manager', istituto che misura la reputazione on line: e chi osa allora discostarsi? In tanta mistificazione, almeno una cosa esce allo scoperto, non più negabile: la lobby Lgbt punta ai figli, non concepisce soltanto un 'matrimonio' gay ma vuole tutto, e chiunque non la pensi così va massacrato. Dolce e Gabbana, privati persino del diritto di opinione, sono vittime – loro davvero – di un eclatante caso di omofobia planetaria. Sono tutti Charlie, di questi tempi, pronti a difendere la libertà di parola, purché sia allineata al verbo ufficiale dell’associazionismo e della politica gay. Succede in tutte le dittature.
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