martedì 27 gennaio 2015
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La straripante vittoria di Syriza nelle consultazioni elettorali di domenica, il distacco profondo fra la formazione della sinistra radicale e il diretto antagonista Nea Demokratia, il consenso che ha sfiorato la maggioranza assoluta per il partito guidato dal giovane Alexis Tsipras sono la dimostrazione più smagliante – ove mai ve ne fosse bisogno – che la cura che le autorità europee (la Bce e la Commissione) affiancate dal Fondo Monetario Internazionale avevano escogitato per abbattere e ripianare il debito greco non ha funzionato.Non solo il debito è cresciuto dal 125% al 180%, ma gli effetti della 'cura' hanno trascinato un Paese dell’Unione Europea alle soglie della disfatta sociale, morale e civile, con centinaia di migliaia di persone in bilico fra la soglia di povertà e l’indigenza, la perdita di ogni fiducia nell’avvenire, lo sfascio del sistema assistenziale e previdenziale, un numero incalcolabile di nuovi poveri e un crollo scandaloso del sistema sanitario, che a causa dei tagli e dei balzelli adottati per migliorare il bilancio statale ha finito per privare una moltitudine di cittadini delle cure modiche essenziali.L’elettorato ellenico ha subito per quattro anni le attenzioni della troika e per quattro anni ha stretto la cinghia. Invano: l’avanzo primario raggiunto negli ultimi mesi è servito soltanto a rabbonire i creditori internazionali, non certo a migliorare le condizioni di vita dei greci. Addossare ogni colpa al governo di centro-destra di Antonis Samaras, uscito logorato e pesantemente penalizzato dalla consultazione di domenica, sarebbe scorretto e fuori misura. Samaras ha fatto da sempre la scelta collaborazionista, destreggiandosi come ha potuto fra rigore e riforme, facendo da contrappeso fra la liquidità di cui la nazione aveva e ha costante bisogno e le continue e spesso irragionevoli richieste di ulteriori tagli che le ricette della troika imponevano.Non va scordato che la Grecia sconta difetti antichi, che non sono imputabili soltanto agli ultimi governi. Il più vistoso e meglio occultato dei quali è stato quello di spendere ciò che in realtà non si possedeva irrorando a pioggia piccoli e meno piccoli privilegi a quella vasta porzione di cittadini che lavorano nel settore pubblico, ricompensando parimenti quell’altra metà di cittadini che avevano attività private con l’assenza di un catasto e di un fisco degni di questo nome, una assonnata bengodi dominata da una potente casta di armatori (nella quale trovava posto anche un’endemica corruzione) che sia i socialisti del Pasok con la dinastia Papandreou sia gli avversari di Nea Dimokratia con Costas Karamanlis si sono ben guardati dal disturbare. I nodi sono venuti al pettine nel momento in cui la Grecia ha fatto il suo ingresso nell’area dell’euro. I conti presentati a Bruxelles erano palesemente alterati, le cifre non raccontavano la verità, ma nel truccare i conti pubblici Atene ha avuto complici illustri a Wall Street, in testa a tutti (come rivelò il New York Times) Goldman Sachs e JPMorgan Chase, che per dieci anni, grazie alla loro 'finanza creativa', hanno consentito ai governi ellenici di aggirare il Patto di Stabilità e di buggerare la Commissione.Nel presentare il conto alla Grecia dunque l’Europa non aveva completamente torto. Né è corretto guardare alla Germania e agli Stati del nord unicamente come dei gendarmi arcigni e spietati. La ricetta adottata tuttavia, come si è visto, è platealmente fallita. Quello di domenica è stato il segnale impetuoso di una rivolta contro l’Europa matrigna: un segnale che ha peraltro molti volti e si declina con svariati accenti, da quello di Syriza a quello di Marine Le Pen, da quello di Nigel Farage a quello di Matteo Salvini, dai Podemos spagnoli fino ai neonazisti di Alba Dorata.Ma è stata questa stessa Europa del rigore cieco a creare il fenomeno Tsipras, non viceversa. Sono state le sue politiche attuate prevalentemente - se non totalmente - a tutela dei crediti bancari a fare macelleria sociale e far nascere l’ormai rigoglioso giardino dell’antieuropeismo. Di questo i guardiani del rigore come il tedesco Schaeuble portano non poca responsabilità.  Ora il giovane Tsipras ha davanti a sé un compito non facile. Quello di far uscire Syriza e il suo alleato Anel (i Greci Indipendenti fuoriusciti da Nea Dimokratia) dall’età dell’adolescenza e della fantasia al potere. Ora per Tsipras si tratta di governare, di negoziare, di mostrare il volto adulto del riscatto che l’elettorato greco chiede all’Europa lasciando alle spalle i sogni avventurosi di un’uscita dall’euro, o dalla Ue, perché quella sarebbe solo un’uscita dalla Storia. Che solo poche ore fa lo ha clamorosamente premiato, offrendogli una grandissima opportunità. Non solo per la Grecia, ma perché cambi davvero il volto dell’Europa.

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