giovedì 21 maggio 2015
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A proposito del Salone del Libro di Torino e del mercato del libro religioso vale la pena spendere qualche parola e fare considerazioni anche di futuro. Il Salone appena concluso ha dimostrato con il costante trend positivo del libro religioso anche la fragilità di questo stesso prodotto. Emerge infatti una editoria cattolica capace di esprimere autori di prestigio in opere valide, ma al tempo stesso va evidenziato lo stallo d’immagine che la vincola a scenografie ripetitive e stanche. Così come emerge il fatto che senza una ripresa della lettura come valore di civiltà e di formazione anche permanente, il libro continuerà il suo declino.  La stessa attenzione spesso superficiale dei media che guardano soltanto l’effetto-vendita non fa un buon servizio al mantenimento e alla vera crescita del libro religioso. Lungi da me il pensiero di caricare di ulteriore responsabilità parrocchie e famiglie circa l’educazione alla lettura. Tuttavia è da lì che bisogna ripartire. L’utilizzazione dei nuovi media ha indubbi vantaggi soprattutto spazio-temporali, ma non sostituisce un apprendimento pensato e graduale e perciò più duraturo e profondo qual è quello del libro. Nei giorni del Salone, un ragazzo mi ha chiesto che libro poteva regalare al suo parroco: l’ho guardato in faccia un poco sorpreso. Ma anche questo è un problema: la lettura dei preti. Si possono consigliare libri da leggere soltanto se si legge e questo vale anche per i classici o gli ever green quali, “Le Confessioni di Sant’Agostino”, fino ai recenti Carlo Maria Martini, Enzo Bianchi, Anselm Grün. Dietro a ogni libro religioso c’è un modo di intendere la fede o un percorso spirituale formativo, una testimonianza personale o una storia comunitaria. È questo che andrebbe ricordato. Ma quando guardo le pagine di un certo giornalismo culturale mi chiedo perché un autore cosiddetto cattolico deve faticare tanto per avere un po’ di spazio. Comunque, di fronte alla cultura che cambia, la politica dello struzzo non può che generare recessione e degrado. La produzione dell’editoria cattolica è di qualità. Quel che manca è, forse, un marketing moderno fatto di design grafico, capacità d’offerta e di distribuzione, professionale da un lato e dall’altro la convinzione che l’umanesimo va alimentato. L’occasione offerta da un Salone del Libro è stata utile anche per mettere bene a fuoco tutto questo. *Direttore Libreria Editrice Vaticana
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