mercoledì 20 aprile 2016
​L'inquinamento locale costa milioni. A carico di tutti. Dal 2016 l'Italia dovrà pagare 480 milioni l'anno in sanzioni per la mancata depurazione delle acque. E decine di milioni li stiamo pagando per i ritardi nella bonifica o messa in sicurezza dei siti di smaltimento rifiuti. Ora il governo pensa di rivalersi.
 Depuratori, fogne e discariche  Il conto salato delle Regioni
COMMENTA E CONDIVIDI
Dieci regioni commissariate in quanto inadempienti in fatto di depurazione delle acque. Cinque di queste sono tra i promotori del referendum di domenica contro le trivellazioni in mare, anche se in tema di depurazione non rispettano né le norme italiane né tantomeno le direttive europee. In realtà, tutte le regioni italiane, tranne il Molise (ma solo per una questione burocratica) non rispettano in pieno gli obblighi Ue – e quindi anche le nove 'referendarie' – ma il governo ha deciso di intervenire solo in quelle dove, malgrado importanti finanziamenti, le opere erano bloccate. Intanto, però, è grazie a loro se l’Italia dovrà pagare a partire dal 2016 ben 480 milioni l’anno di sanzioni. Poi si andrà avanti a 'botte' di quasi 800mila euro al giorno fino a quando le opere non saranno terminate e rientrando nei limiti delle norme. Non solo: per una serie di altri gravissimi ritardi delle regioni stiamo già pagando decine di milioni. Si tratta di quelli stanziati per la chiusura, la bonifica e la messa in sicurezza delle discariche abusive di rifiuti.  Qui le regioni 'fuori legge' sono addirittura 14, e tra loro 5 sono tra quelle che hanno promosso il referendum di domenica scorsa, oltre all’Abruzzo che alla fine si era tirato fuori. Le discariche non in regola sono ben 155, ma all’inizio erano 200. A Nord come a Sud. Ci sono per ora costate, in sanzioni, 82 milioni di euro, anticipati dal ministero dell’Ambiente; e costeranno ancora 200mila euro a discarica ogni sei mesi. Ai quali bisogna aggiungere i 20 milioni di euro forfettari e i 120mila euro al giorno come sanzioni per l’eterna emergenza in Campania. Una cifra enorme ma, come ha spiegato pochi giorni fa in Parlamento, il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, è intenzionato ad avvalersi del potere di rivalsa, facilitato dalle norme inserite nell’articolo 1 comma 813 della Legge di stabilita 2016. «Il sistema di rivalsa – ha annunciato il ministro – attivato dal Ministero dell’economia e delle finanze nei confronti dei soggetti responsabili delle violazioni che hanno determinato la sentenza di condanna, prevede un meccanismo di compensazione con i trasferimenti che lo Stato dovrà effettuare in favore delle amministrazioni stesse». In altre parole, per pagare la sanzione si useranno, bloccandoli, fondi destinati a comuni e regioni.  La Legge di stabilità prevede addirittura che non sia necessario acquisire l’intesa con le amministrazioni inadempienti ma ugualmente, ha assicurato Galletti, «è stato avviato un iter procedurale che prevede un coinvolgimento di tutte le amministrazioni interessate». Perché il Governo intende «assicurare il reintegro delle anticipazioni» ma «tenendo conto dei vincoli di bilancio e delle limitate disponibilità di risorse di molti comuni». Mano ferma comunque, anche perché delle 18 procedure europee in materia ambientale ben 14 vedono il coinvolgimento diretto delle amministrazioni locali e regionali. E per le discariche il ministro denuncia il grave «paradosso»: «Lo Stato è costretto a farsi carico, tanto dal punto di vista amministrativo quanto dal punto di vista finanziario, del comportamento omissivo delle amministrazioni locali e regionali». Anche per questo ha trasmesso alla Presidenza del Consiglio tutte le informazioni necessarie «ai fini della valutazione dell’opportunità, da parte del Consiglio dei ministri, di procedere all’esercizio dei poteri sostitutivi nei confronti delle amministrazioni inadempienti e al loro conseguente commissariamento». Come peraltro è previsto proprio dall’ultima Legge di stabilità. Una procedura già ampiamente utilizzata per la depurazione. In questo settore, come detto, nessuna regione si salva malgrado i non pochi finanziamenti ricevuti. Tra il 2011 e il 2012 tre delibere del Cipe avevano stanziato 3,2 miliardi di euro per depuratori, sistemi fognari e acquedotti. Ben 2,8 miliardi erano riservati alle regioni del Sud, per circa 900 opere. Invano o quasi. E non parliamo di paesini. Tra le 86 città con più di 150mila abitanti, il 31,8% non è connesso con la fogna e il 41,9% non è in regola per il trattamento secondario delle acque reflue. Se scendiamo al di sotto dei 150mila abitanti scopriamo che i comuni fuori legge sono più di 2.500. Tutto questo ci pone all’ultimo posto tra i Paesi europei per numero di abitanti raggiunti da fognature e allacciati a collettori e depuratori. Non una questione di fondi che, come abbiamo scritto, c’erano, ma di capacità di spesa, di progettualità, di efficienza. Così il governo è intervenuto commissariando le opere da realizzare, e non realizzate, in Basilicata, Campania, Calabria, Puglia, Veneto, Lazio, Sicilia, Abruzzo, Marche e Liguria (notare che le prime cinque sono tra i promotori del referendum sulle trivellazioni...). Ma qual è la situazione in queste regioni? Secondo i dati forniti da #Italiasicura, la struttura di missione della Presidenza del Consiglio che si occupa anche dei servizi idrici, come copertura del servizio depurazione, la Basilicata è al 62,6%, la Campania al 58,6%, la Calabria al 51,6%, la Puglia al 66,3%, il Veneto al 48,8%, le Marche al 49%, la Liguria al 60,9%. Drammatica la situazione siciliana dove, come ci spiega il direttore di #Italiasicura, Mauro Grassi, «ci sono 431 depuratori per 390 comuni, ma ne funzionano solo 12. In pratica più di due milioni di siciliani è come se scaricassero direttamente in mare». Un ritardo che ci ha provocato varie condanne della Corte Ue per le quali, secondo calcoli di Palazzo Chigi, quest’anno dovremo cominciare a pagare circa 480 milioni. Ma anche qui scatterà la rivalsa. E i conti sarebbero già stati fatti: 185 milioni la Sicilia, 74 la Lombardia, 66 il Friuli, 38 la Calabria, 21 la Campania, 19 la Puglia e la Sardegna, 18 la Liguria, 11 le Marche, 8 l’Abruzzo, 7 il Lazio, 5 Valle d’Aosta e Veneto. Per ora. Tornando alle discariche abusive, vera vergogna italiana, le regioni sanzionate sono 14: Campania in testa (quasi una non notizia, purtroppo...) con 46 discariche abusive sanzionate, poi la Calabria con 29 discariche, l’Abruzzo con 24, il Lazio con 15, la Sicilia con 11, la Puglia con 10, il Veneto con 8, la Liguria con 4. E tra queste tornano le stesse regioni 'referendarie' sanzionate anche per la mancata depurazione delle acque. Seguono, ma molto lontano, la Toscana con 3 discariche abusive sanzionate e, infine, con una Emilia Romagna, Lombardia, Marche, Piemonte e Umbria.  A queste regioni, e ai comuni interessati, nel 2015 sono stati notificati decreti di diffida del Presidente del Consiglio in vista dell’eventuale esercizio del potere sostitutivo straordinario. In dieci casi gli enti hanno adempiuto a quanto richiesto nei termini imposti con le diffide. «Tuttavia – ha commentato il ministro Galletti – occorre segnalare che in molti casi i termini imposti con le diffide sono scaduti e le amministrazioni interessate non hanno avviato o completato le attività prescritte. In tali casi è senz’altro ipotizzabile l’esercizio dei poteri sostitutivi da parte dello Stato». Insomma comuni e regioni sono avvertiti.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: