sabato 22 novembre 2014
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Gli interventi di papa Francesco aprono spiragli improvvisi su problemi e situazioni che, stando davanti agli occhi da sempre o da molto tempo, ci si dimentica che esistono, mentre andrebbero controllati, analizzati, discussi, e, se necessario, rinnovati. Quello delle offerte per la celebrazione di sante Messe e dei sacramenti è uno di questi, e l’intervento del Papa offre l’occasione propizia per verificare come stanno le cose.  È ormai da decenni – dagli anni del dopo Concilio – che noi parroci siamo invitati, oltre che dai vescovi, da una nuova consapevolezza sorta proprio dentro le parrocchie, a togliere ogni “tariffa” per affidare tutto alla generosità dei fedeli. Uno stile della Chiesa italiana ricordato ieri, in piena sintonia col Papa, anche dal cardinale Bagnasco. Con una differenza tra le offerte per la celebrazione della Santa Messa in suffragio dei defunti, e quelle per sacramenti e funerali. Per le prime, i vescovi stabiliscono una quota (in genere dieci euro), non per fissare un prezzo, ma per far conoscere ai fedeli che nessun sacerdote, se mai ce ne fosse qualcuno, può chiedere più di quella cifra. Nessun sacerdote, però, sarà talmente dissennato di rifiutarsi di celebrare la Santa Messa di suffragio di fronte a parenti che non possono offrire quella somma.  Moltissimi sacerdoti, inoltre, per aiutare a superare l’errata convinzione (purtroppo presente in non pochi fedeli) che la Santa Messa si “paga”,   rifiutano di prendere l’offerta in mano, invitando a mettere ciò che si può e si vuole nel cestino che viene fatto passare nel momento della presentazione delle offerte. Bisogna sottolineare che i sacerdoti che prendono questa decisione devono faticare non poco – lo so per esperienza personale – perché nei fedeli c’è la convinzione che sia necessario partecipare alla preghiera del sacerdote con un sacrifico personale. In fondo è la “cultura del sacrificio” presente in tutti i popoli, in tutti i tempi, e in tutte le religioni.  Quando mia madre mi chiedeva di celebrare la Santa Messa in suffragio di mio padre, dovevo assolutamente accettare un’offerta dalle sue mani.  L’offerta per la Santa Messa in suffragio dei defunti può essere trattenuta dal parroco, ma, come adesso capita, se egli dovesse celebrarne una seconda, l’eventuale seconda offerta deve essere consegnata al vescovo, che la destinerà per il sostentamento di sacerdoti di parrocchie povere, o per altre necessità della diocesi. Anche per la celebrazione dei sacramenti, l’offerta deve essere libera. I parroci sono comunque tenuti a registrare tutto e a far controllare a fine anno dagli uffici della Curia Vescovile. Nel caso della celebrazione dei sacramenti e dei matrimoni in particolare, so però di parrocchie che chiedono una tariffa per essere sicure di poter coprire le spese della luce e della pulizia della chiesa. Cosa che a volte, gli sposi o i loro parenti dimenticano, o fanno finta di dimenticare, dopo avere speso somme scandalose per fiori, addobbi, buffet e pranzi.  Personalmente ritengo che nonostante queste “dimenticanze”, papa Francesco abbia ragione a spingere verso la gratuità, perché – parlo di nuovo per esperienza personale – a gratuità viene risposto con gratuità, e a chi non sente il bisogno di ringraziare, segue sempre qualcun altro che ringrazia anche per lui. Bene fa il Papa a far venire alla ribalta questi problemi che, se tenuti nascosti, suscitano malumori e sospetti, che evaporano se affrontati con chiarezza e coraggio. È giusto che la gente sappia come stanno le cose. E chi non fosse in regola, invece di bofonchiare, colga l’occasione per rimediare.
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