venerdì 22 luglio 2016
Nella Cattedrale dell'Almudena, a Madrid, questa sera l’ultimo saluto a Carmen Hernández, 85 anni, iniziatrice, insieme a Kiko Arguello, del Cammino Neocatecumenale. (Gianfranco Marcelli)  IL MESSAGGIO DEL PAPA
Carmen e la preparazione della «vittoria certa»
COMMENTA E CONDIVIDI
Sempre, e con chiunque, anche per riconoscimento di chi non l’aveva troppo in simpatia, Carmen Hernández ha praticato quella rara e delicata virtù cristiana chiamata 'parresia': un termine greco di origine filosofica che nella tradizione biblica si traduce con franchezza, sincerità, coraggio nel parlare. Soprattutto nel testimoniare e nell’annunciare la fede. Virtù genuina e non semplice da acquisire, al punto che San Paolo chiedeva agli Efesini di domandarla al Cielo per lui, come dono tipico dell’apostolo. Ma anche virtù delicata, perché a rischio di tracimare trasformandosi in arroganza. Rischio che Carmen riusciva a scansare, grazie in particolare al suo grande amore per la Chiesa, a cominciare da 'Pietro', il Papa. L’annuncio libero e liberante della Buona notizia è sempre stato la sua stella polare, la vocazione alla quale si sentiva chiamata fin da bambina, quando grazie ai missionari gesuiti che passavano numerosi nella Navarra dove viveva la sua famiglia, veniva attratta irresistibilmente dai loro racconti. Al punto, come raccontava, di «aver conosciuto san Francesco Saverio prima ancora di San Paolo». «Senza di lei non ci sarebbe il Cammino neocatecumenale», ha ripetuto per l’ennesima volta ieri Kiko Arguello a Madrid, nella cattedrale dell’Almudena dove si è celebrato il funerale. E davvero il suo zelo, ricordato da papa Francesco nel messaggio di condoglianze, ha contribuito in maniera decisiva al diffondersi dell’opera che, insieme al pittore originario di Leon, senza nessun piano prestabilito, prese le mosse più di 50 anni fa nella baraccopoli miserabile di Palomeras Altas, alla periferia della capitale spagnola. Ma le 30mila comunità sparse in tutto il mondo, che oggi la ricordano con affetto e rimpianto e ieri erano presenti con la preghiera al funerale di popolo a Madrid, le sono debitrici anche di altre preziose eredità. La passione per la Liturgia anzitutto, concepita e coltivata instancabilmente attraverso la conoscenza del Concilio Vaticano II, nel quale riscoprì la centralità del Mistero Pasquale. Così come l’attaccamento alla Scrittura, con la gratitudine ai padri conciliari per aver rimesso nelle mani dei fedeli il tesoro inesauribile della Parola di Dio. Chiunque si è avvicinato al Cammino ha potuto gustare, con sorpresa, la genialità di alcune interpretazioni, tradotte in catechesi memorabili. Allo stesso modo, Carmen ha trasmesso e difeso con decisione, prima ancora della storica visita in Sinagoga di San Giovanni Paolo II, il rispetto e la stima profonda per il popolo ebraico, i nostri 'fratelli maggiori' che lei ebbe modo di conoscere da vicino, vivendo a lungo e in umiltà in Terra Santa all’inizio degli anni 60 del Novecento. Infine, il lascito umanamente e culturalmente forse più importante: la valorizzazione della donna, del suo ruolo nella Chiesa e nella società, per la trasmissione e la difesa della vita, di cui possiede 'la matrice'. Per questo, non si stancava mai di ripeterlo soprattutto alle giovani nelle Gmg, «dalla prima all’ultima pagina della Bibbia, dalla Genesi all’Apocalisse, il demonio non cessa di insidiarla». Questa minaccia, ammoniva, è oggi più incombente che mai. Ma per chi crede come Carmen la vittoria è certa.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: