martedì 4 agosto 2015
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A luglio e nell’entrante agosto sono scattate le “vacanze deficienti”. Sono quelle degli ultrà, che in Curva scaldano animi, ugole e riordinano l’arsenale in vista dell’imminente anno bellico-calcistico che verrà (la Serie A parte il 2223 agosto). Il popolo della “squadra del cuore” affila coltelli, prepara spranghe e bombe carta, raccoglie pietre da scagliare contro il nemico di turno. Come ha fatto, nell’ultima domenica bestiale, l’orda napoletana in trasferta a Nizza. Perché l’ultrà delle vacanze deficienti lascia moglie o fidanzata sotto l’ombrellone e vola in “missione” in Costa Azzurra. La partita degli azzurri di Sarri, si sa, è solo un pretesto: si va fino a Nizza per ferire fisicamente il povero passante (non calciofilo), incendiare e distruggere auto e poi, con orgoglio partenopeo, farsi rimpatriare con foglio di via dalla polizia francese. Ma questi ex scugnizzi mal cresciuti si sono già dimenticati della tragedia di Ciro Esposito? La risposta è, tristemente, sì. Esiste un’Europa unita che è quella degli ultrà, in stretto contatto via Internet, scopo alleanze o minacce di guerriglia. Soldataglia all’ultimo stadio, addestrata tutto l’anno, estate compresa, all’aggressione, all’eliminazione dell’avversario. A quei 24 tifosi romani fermati a Bruxelles (scontri in Place de la Vaillance) poco importava dell’amichevole – termine per loro inconcepibile – della Lazio con l’Anderlecht: si sale in Belgio da irriducibili, per “conquistarlo”. «Più caos si crea, più contiamo», recita la mentalità perversa dell’ultrà dinamitardo. Quelli spezzini e bolognesi sul campo neutro di Castelrotto hanno inscenato una rissa tipo saloon da far impallidire persino un americano, il presidente del Bologna Joe Tacopina, il quale ha commentato: «Che brutto vedere i bambini scappare». Se è per questo anche gli adulti scappano, e sempre di più, dai nostri stadi. «I bambini ci guardano e dobbiamo essere d’esempio», è lo spot del calciatore etico e professionale, salvo poi essere il primo ad alzare le mani in campo: vedi rissa tra i giocatori del Cagliari e dell’Ajaccio. Sardi contro corsi, quasi un derby. Vero derby quello tra pistoiesi ed empolesi, che hanno coronato il loro sogno di mezza estate: prendersi a vergate. In fatto di ultrà tutto il mondo è paese. Vero, ma a Klagenfurt dopo mezz’ora di gioco sotto il bombardamento di petardi da parte degli ultrà turchi, i giocatori del Galatasaray hanno detto basta e se ne sono andati. In campo c’era l’Udinese, che forse ha capito il messaggio da trasmettere al resto del “Sistemone” calcio-Italia: alle mine vaganti degli ultrà si può rispondere con Mina: «Non gioco più, me ne vado». Non è la via da seguire? Tentiamo anche questa, del resto l’unica non ancora battuta. Un «non gioco più, me ne vado», gridato nelle gare di campionato o di Coppa, da praticare contro la violenza dilagante, i razzi e il razzismo, in campo e sugli spalti.
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