domenica 15 maggio 2016
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Una bambina di sei anni è a Lourdes con la madre. Vive con gli apparecchi acustici, è sorda dalla nascita, dopo un parto gravemente prematuro. Gioca, poi corre dalla madre, e si toglie gli apparecchi. 'Non mi servono più, ci sento bene', annuncia festosa. La storia raccontata venerdì da 'Avvenire' e accaduta l’11 maggio è di quelle che lasciano divisi tra commozione e cautela.  L’episodio ha avuto numerosi testimoni, e una ventata di gioia e gratitudine si è diffusa fra i pellegrini milanesi dell’Unitalsi cui la famiglia della bambina, ligure, si era unita. La documentazione medica andrà in mano al Bureau Medical di Lourdes, che accerterà quali siano le condizioni della piccola ora, e quali fossero prima. Chi c’era, prudentemente non parla di miracolo, che è evento improvviso e scientificamente inspiegabile, ma di guarigione: e di guarigioni, e soprattutto spirituali, ne avvengono non poche a Lourdes, testimoniano i sacerdoti che accompagnano i pellegrini.  Nell’attesa che il Bureau Medical faccia la sua indagine, colpiscono però le parole della madre della bambina: «Una mattina mi sono detta: devo portare mia figlia a Lourdes. Per ringraziare la Madonna che l’ha protetta: rischiava la vita, ce l’ha fatta ed è una bambina serena e felice. Ma anche per chiedere sostegno, per trovare la forza di affrontare, lei, io, tutti noi, questo cammino di vita così esigente». Dunque, la donna aveva deciso di andare a Lourdes prima di tutto per ringraziare di quella figlia, nata a appena sei mesi di gestazione il giorno di Natale del 2009. Pesava 800 grammi. I medici del Gaslini di Genova erano riusciti a salvarla, ma i farmaci che si usano in questi casi possono comportare la sordità. E così è accaduto, la bambina parla e gioca come i suoi coetanei, ma le è stata diagnosticata una sordità profonda. Un handicap grave quindi: eppure quella madre era andata a Lourdes a dire 'grazie'. Forse solo chi ha avuto un figlio malato può capire fino in fondo come quella che agli altri appare un’odissea, per una madre possa essere già una grazia. Perché quella figlia, di cui ha temuto che non sarebbe vissuta, lentamente ce l’ha fatta, un giorno dopo l’altro acquistando, lei nata piccola come una bambola, forze e peso. L’attaccamento a un figlio che si è creduto perso e che nasce come una seconda volta può essere straordinario. Prima che a chiedere una guarigione, che forse le pare pretesa troppo grande, la donna va a dire grazie - grazie, di avermela lasciata. E chiede aiuto per crescerla. Non c’è, in nessuna sua parola, traccia di recriminazione, e invece c’è la contentezza per ciò che ha avuto. La storia di oggi ci fa venire in mente un pellegrinaggio a Lourdes di alcuni anni fa. Sul volo da Roma c’era un anziano prete di un paesino del Sud, che da quasi trent’anni tornava a Lourdes. Gli domandai di cosa avesse visto, e cosa domandasse la gente alla Madonna, e perché molti tornino anno dopo anno, fedeli. «Vede, la maggior parte di quelli che ho accompagnato io – rispose –, sono andati, e negli anni tornati, a ringraziare. È questo il segreto: la gratitudine di chi, anche malato o povero, guarda la sua vita e ne riconosce il bene». Il bene di un matrimonio che nelle difficoltà della vita va avanti, di una malattia che si sopporta, di un figlio ferito in un incidente, e però vivo. In questo sentimento, diceva il sacerdote con i capelli bianchi, il cuore si allarga e si è lieti già di quello che la vita ci dà. E si torna a casa ricostituiti, e come abbracciati.  O, a volte, su questo humus di contentezza qualcosa dei mali che ci affliggono allenta i suoi nodi, riappacificati. Ci sono guarigioni interiori che non possono essere chiamate miracoli, ma che sono una benedizione per chi le sperimenta. Poi, un giorno a Lourdes, c’è una bambina sorda, che butta via gli apparecchi acustici. Miracolo, forse, lo stabiliranno altri. Nel leggere di questa guarigione ci resta addosso il pensiero di una madre andata, prima di tutto, a rendere grazie di quella figlia, così come le è stata data, e la coscienza della grandezza di questa semplicità. In cui, come in una terra fertile, la grazia di Dio può operare. E, infine, bisogna avere l’umiltà di rimanere in silenzio: grati di ciò che può accadere, davanti alla Madonna, senza che noi sappiamo dargli un nome.
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