lunedì 15 aprile 2013
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Una Chiesa vivace. Che non teme di confrontarsi con le sfide del presente. E che perciò ha nella Dottrina sociale uno dei suoi punti di riferimento per incarnare il Vangelo della vita di tutti i giorni. Questa in sintesi la fotografia che i vescovi del Triveneto presenteranno al Papa durante l’ormai imminente visita ad limina delle loro diocesi, dislocate su tre regioni (Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige), ma riunite un’unica Conferenza episcopale. Con il presidente, il patriarca di Venezia, Francesco Moraglia, che sottolinea: «La nostra è sempre stata una terra laboriosa in cui le persone si sono mosse in base a ideali forti. Oggi la nuova evangelizzazione ci chiede di "ri-tarare" questi ideali in base alle mutate situazioni».In sintesi, come definirebbe l’odierna situazione ecclesiale del Triveneto?Sono nel Triveneto da poco più di un anno, ma sono rimasto profondamente colpito dalla grande vitalità delle parrocchie e del popolo di Dio. Certamente è una vitalità messa a dura prova dalla cultura secolarizzata e molto individualista. Per cui lo sforzo delle nostre comunità è quello di creare un cristianesimo condiviso a partire dalla fede e dalla carità. Occorre insistere in questo senso, incrementando un’azione di evangelizzazione che prenda seriamente in considerazione tutto l’umano. Eppure negli ultimi anni la grande storia di solidarietà cristiana del Triveneto sembra insidiata da particolarismi e chiusure. Come giudica la situazione?Il cattolicesimo è molto radicato nella nostra Regione ecclesiastica, anche se – come dicevo – risente delle stesse difficoltà presenti in tutto l’Occidente. Tra l’altro faccio notare che si tratta di un cattolicesimo attento soprattutto al rapporto con l’altro, come dimostra la lezione di un beato come Giuseppe Toniolo, che ci ha insegnato come l’etica non possa non entrare nell’economia. Oggi abbiamo bisogno di riscoprire questa lezione, perché nel momento in cui si è un po’ allentata l’appartenenza ai valori cristiani tradotti sul piano sociale, si è aperta la strada all’individualismo che, specie in una situazione di difficoltà economica, ha portato a temere l’altro e quindi a chiudersi in forme di particolarismo.In fondo è la lezione della Dottrina sociale della Chiesa.In effetti la Dottrina sociale della Chiesa, dopo il convegno «Aquileia 2», viene considerata dai vescovi del Triveneto un punto importante su cui lavorare per maturare una nuova coscienza ed evitare il sorgere di queste forme di individualismo e di egoismo che rischiano di trovare un terreno di coltura molto fecondo nella crisi. Una situazione che colpisce soprattutto le piccole e medie imprese, specie quelle a carattere familiare o poco più grandi, che caratterizzano il tessuto socio-economico del Triveneto. In sostanza la nuova evangelizzazione chiede anche dialogo con le culture e impegno per il bene comune.Lei nell’omelia di Pasqua ha invitato a «ri-tarare» la vita cristiana sulla Risurrezione. Intendeva anche in senso sociale?Certamente. In altri termini, occorre ripensare all’interno delle nostre comunità la Dottrina sociale della Chiesa e i grandi valori, come ad esempio la destinazione universale dei beni. E questo è tanto più urgente in un momento in cui alcuni faticano ad avere perfino il necessario.In che modo il magistero di papa Francesco potrà rifluire, anche attraverso questa visita ad limina, nella vita delle Chiese del Triveneto?Penso ad esempio al tema della misericordia su cui il Papa ha posto già diverse volte l’accento. Recentemente ho richiamato l’importanza del sacramento della riconciliazione che, se vissuto bene, è un aiuto tanto a recuperare il rapporto con la verità di se stessi, quanto a riconciliarsi con gli altri. Ma penso anche alle parole di Benedetto XVI durante la visita dell’11 e 12 maggio del 2011: «Non rinnegate nulla del Vangelo in cui credete, ma state in mezzo agli altri uomini con simpatia». Ecco, mi sembra che il magistero di Francesco si ponga in continuità con questo richiamo del suo predecessore. E perciò gli chiederemo che ci confermi su questa strada per noi affascinante.È un messaggio valido anche per dare un contributo alla soluzione delle difficoltà del Paese?La visita ad limina è un sentirsi confermati nella propria fede. Una fede che per essere realmente evangelica deve essere amica dell’uomo e della città degli uomini. Quindi la situazione attuale se da un lato non può non preoccupare, dall’altro rilancia l’impegno delle nostre comunità a concorrere alla costruzione del bene comune, che deve essere perseguito a tutti i livelli, cominciando dalla base. Anzi, sarebbe importante che la base trasmettesse alla politica non solo segni di contestazione, ma anche volontà di costruzione nella quotidianità.
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