giovedì 5 novembre 2015
​Il cardinale vicario Agostino Vallini e il Consiglio pastorale diocesano firmano una "Lettera alla città. Alle donne e agli uomini che vivono a Roma". Un appello per la rinascita dopo la tempesta. (Gianni Cardinale) | Leggi il testo integrale  
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La Chiesa di Roma desidera «con tutto il cuore» contribuire alla« rinascita» della Città Eterna. Lo fa «con speranza ed entusiasmo», fiduciosa «nel cambiamento auspicato da tutti, per costruire una città più giusta, più solidale». E lo fa, specialmente in questo tempo ormai giubilare, «anche praticando le opere di misericordia». Perché la misericordia è «la perfezione della giustizia in un mondo fragile e imperfetto». Ecco così che la Chiesa di Roma «vuole fermarsi, inginocchiarsi e offrire il proprio aiuto davanti alle sofferenze degli uomini». Infatti Roma «ha urgente bisogno di questo "supplemento d’anima"» per essere all’altezza della sua «vocazione» e delle «attese di speranza» dei cristiani che la abitano. E’ questa la conclusione della "Lettera alla Città" che il cardinale Vicario Agostino Vallini, unitamente al Consiglio pastorale diocesano, ha voluto inviare «alle donne e agli uomini che vivono a Roma», la capitale d’Italia e della cristianità che sta vivendo un momento particolarmente travagliato della sua lunga storia. Il documento, presentato solennemente ieri sera nella cattedrale di San Giovanni in Laterano (vedi servizio a parte), porta la data del 9 novembre, festa della Dedicazione della Basilica, vuole ribadire l’impegno della Chiesa, sollecitata dalle «luci e le ombre del momento presente», ad impegnarsi «in una nuova stagione di rinnovamento spirituale, di evangelizzazione culturale e di impegno sociale, sostenuti dalla forza della fede, per raggiungere le periferie geografiche ed esistenziali» della città. Senza avere «smanie di protagonismo» o di «visibilità politica», la Chiesa di Roma vuole «condividere gli affanni della città». Con la  «corruzione» e «l'impoverimento urbanistico e ambientale», con la crisi economica in atto e le povertà che aumentano, con le «forti tensioni sociali» associate alla «sfida dell’immigrazione», con «la disoccupazione soprattutto giovanile» e il ceto medio «indebolito», con il costo degli affitti «del tutto insostenibile» e con il «degrado urbano complessivo da cui, talvolta, sembra difficile liberarsi». In questo contesto la Chiesa della diocesi del Papa «più che accusare o condannare le istituzioni civili o la società nel suo insieme, come troppo spesso superficialmente avviene», desidera dire a tutti, «concittadini e istituzioni di Roma», di «non perdersi d’animo dinanzi alle sfide» attuali. Avendo sempre presente che «il problema non è di natura esclusivamente organizzativa», perché alla radice «c’è una profonda crisi antropologica ed etica». E lo vuole fare offrendo a tutti i romani «anzitutto il tesoro più prezioso», e cioè « il santo Vangelo», che «non è un libro, ma una persona viva, Cristo Signore, che riempie il cuore e la vita di quelli che lo incontrano e si lasciano amare e salvare». La Lettera è insomma «un appello affinché tutti gli uomini di buona volontà collaborino per edificare il bene comune». Ma ancor di più ancora vuole essere «una promessa», quella di agire concretamente - in questo Anno Santo della Misericordia - affinché Roma diventi «sempre più abitabile e felice». La Lettera sottolinea come nonostante la crisi Roma conservi ancora «meravigliosi talenti», e molte risorse civili e religiose da cui poter «ripartire». Menzionando il ruolo della Chiesa in questo contesto, il documento segnala in primo luogo, «evidentemente», la persona di Papa Francesco, che «quotidianamente parla alla città e al mondo, e con la sua presenza raccoglie folle di pellegrini e di turisti, di fedeli e di non credenti, attorno alla sua parola». Cinque sono le sfide «urgenti e decisivi» su cui la Chiesa di Roma vuole focalizzare il proprio impegno. Le vecchie e nuove povertà (quella «drammatica» delle famiglie, l’«assillo» del lavoro, la «pericolosa e invasiva invasione del gioco d’azzardo») che vede in prima linea la Caritas diocesana. L’accoglienza e l’integrazione dei rifugiati e degli immigrati in generale, con l’adesione all’appello del Papa di ospitare in ogni parrocchia una famiglia di profughi, e la lotta alla «cultura dello scarto». L’educazione culturale e morale, comprensiva di quella «all’affettività e ad un esercizio responsabile della sessualità». E infine la comunicazione - ora dominata da «volgarità invadente» e «turpiloquio continuo» - con l’«urgenza» di «ricostruire una cultura collettiva più umana e più vera», e quindi «più attraente». E di fronte a queste sfide la Lettera ribadisce l’auspicio della Chiesa di Roma di «formare pazientemente la classe dirigente di domani», che sopperisca alla «debolezza» di quella attuale. E in questo senso «occorre sviluppare la consapevolezza diffusa che una buona società non può esistere senza un impegno civile e politico svolto con competenza, dedizione e nobiltà di spirito». Di qui la necessità di «avviare il "cantiere" per costruire adeguati cammini di formazione pre-politica aperti a tutti, particolarmente alle migliori energie giovanili». Un campo questo in cui la diocesi di Roma «ha cominciato a lavorare già da qualche anno». Con un impegno che sarà intensificato, affinché il contributo dei cristiani alla vita sociale e politica possa essere lievito che fa crescere tutta la collettività». Il testo integrale della lettera sarà pubblicato domenica 8 da Roma Sette, inserto diocesano domenicale di Avvenire
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