venerdì 4 ottobre 2013
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Una visita «inedita». Che, col suo intrecciare i luoghi «classici» del francescanesimo con «alcune tappe di forte significato simbolico», vuole invitare tutti a «misurarci con la provocazione evangelica del nostro santo e farla rivivere, come utopia possibile, nella Chiesa di oggi». Monsignor Domenico Sorrentino, vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, vede così la giornata del Papa oggi ad Assisi. A Francesco il vescovo rivolgerà «il grazie più cordiale» per la sua presenza e per questi primi mesi di pontificato «che ci hanno entusiasmati». Perché «questo Papa venuto dalla fine del mondo ci ha colpiti tutti come figli della Chiesa, ma è impressionante quanto abbia toccato i cuori di persone di altre fedi e di non credenti».

 

È vero che l’invito a venire ad Assisi è arrivato al Papa praticamente il giorno stesso della sua elezione.Be’, sì, si può dire che sia stato proprio così: quasi dalle prime ore della sua elezione. Perché quando dopo la fumata bianca dalla Loggia della Basilica Vaticana arrivò l’annuncio di papa Bergoglio con il nome di Francesco mi venne spontaneo scrivergli: «Siamo ansiosi di una tua visita. Tanti papi sono venuti prima di te, ma per te c’è un’attesa speciale, che è inscritta nel tuo nome». Passarono alcuni giorni, e arrivò la risposta: il Pontefice avrebbe tenuto presente il desiderio della nostra comunità. E come si vede non ha tardato!Francesco è il 19° Papa che viene ad Assisi, ma, in qualche modo, si può dire che è una "prima volta": a cominciare proprio dalla scelta del nome. In cosa sarà diversa questa visita?Durante uno degli incontri di preparazione gli chiesi di spiegarmi quale fosse il suo proposito con questa visita. Con quella semplicità che tutti abbiamo imparato ad apprezzare, mi rispose che sarebbe certamente venuto per visitare i luoghi di Francesco ma, insieme, anche per incontrare la gente. Ed è quello che capiamo dal programma, che integra i luoghi "classici", quelli sempre toccati dalle visite precedenti, con alcune tappe di forte significato simbolico che evocano immediatamente il messaggio di san Francesco, i luoghi in cui si mette in evidenza lo spogliamento di Francesco, il suo farsi povero per Cristo e il suo andare incontro ai poveri. Del resto papa Francesco, come ha spiegato egli stesso, ha scelto il nome proprio in questa prospettiva. Pensando ai poveri ha pensato a san Francesco, e ha detto: «Come vorrei una Chiesa povera e per i poveri». Ecco, allora credo che venga per dare un corpo simbolico a questa sua scelta, ed è evidente perché inizi il suo pellegrinaggio all’Istituto Serafico, poi si sposti al vescovado, nella Sala della Spogliazione, e poi vada a pranzo con i poveri a Santa Maria nel nostro Centro di prima accoglienza. Un modo, per dirlo in altre parole, per rivivere il cammino spirituale di san Francesco, ma anche spiegarlo alla Chiesa, affinché diventi messaggio per tutti.Un messaggio molto forte, soprattutto in questi tempi.Più che forte: un messaggio, direi, anche provocatorio. D’altra parte, non fu tale tutta la vicenda di san Francesco? Penso sempre che quando il vescovo Guido lo accolse in vescovado e si ritrovò davanti al gesto clamoroso della sua "spogliazione" dovette avere appunto questa sensazione: una "provocazione" che, attraverso Francesco, veniva a lui, alla Chiesa, al mondo. Un gesto che a un tempo era ribellione e profezia, il racconto di un futuro tutto da scrivere. Una "ricetta", per così dire, soprannaturale, per una storia che tende sempre al pragmatismo, e invece ha bisogno più che mai dell’utopia: dell’utopia di una fraternità che si possa toccare con mano. E allora, tornando alla sua domanda, credo che papa Francesco voglia dirci proprio questo, proporci una visione del mondo e della Chiesa, invitarci a uscire da un cristianesimo di comodo e da un francescanesimo oleografico per misurarci con la provocazione evangelica del nostro santo e farla rivivere, come utopia possibile, nella Chiesa di oggi.

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