sabato 3 ottobre 2015
COMMENTA E CONDIVIDI
Durante la veglia per il Sinodo sulla famiglia ci sono state tre testimonianze di altrettante coppie. Eccole. 1 - Testimonianza di una coppia di fidanzati di differente provenienza etnica: Juan Giron Ponz e Sara Ledda (diocesi di Alghero). Juan: Buona sera, siamo Juan e Sara della diocesi di Alghero. Siamo molto emozionati, non solo per il fatto che dobbiamo parlare di fronte a migliaia di persone, ma soprattutto perché fra qualche minuto vedremo Papa Francesco che per noi è come un Padre, una luce che illumina il nostro cammino di coppia. Ci siamo conosciuti tramite una nostra amica cinque anni fa: qualche foto e subito il suo sguardo è stato come un colpo al cuore. Avevo diciannove anni, eppure mi sentivo come un bambino indifeso per quello che avveniva dentro di me. Riuscire ad ottenere il suo numero di cellulare è stata un’impresa, perché Sara, anche se piccola, era un colosso, ma grazie ad un’amica sono riuscito ad ottenerlo. All’inizio c’era un po’ di diffidenza, ma poi ottenni un primo appuntamento: ero al settimo cielo, mille domande, mille pensieri, mille preoccupazioni. Arriva un sabato d’inizio maggio e vado ad Alghero. Faccio una passeggiata per trovare le parole, le azioni, diciamo il giusto modo per corteggiarla. Giungo a destinazione e in una frazione di secondo i miei occhi si paralizzano, il fiato si spegne e tutto quello che avevo da dire era svanito. Avevo lo stomaco come quello di una formica, ma poi tutto è stato bellissimo, di un sapore diverso, lo stesso sapore che ci unisce da cinque anni con mille difficoltà, mille ostacoli e mille gioie. Quando ci siamo conosciuti io ero molto lontano dalla Chiesa e Dio per me era un mondo tutto da scoprire, invece per Sara e la sua famiglia è sempre stato il pane quotidiano. Il gelo tra me e Dio era dovuto in gran parte alla mia storia, alla lontananza dalle persone a me care e da Cuba, la mia terra: mi si era indurito il cuore. Ma poi, grazie a Sara e alla sua famiglia, ho scoperto come il Signore scriva dritto anche nelle righe più storte. Non è sempre facile! Noi siamo come due pugili: non molliamo mai dopo tanta fatica, tanto allenamento, tante sconfitte e tante vittorie. Spesso litighiamo come sul ring: non è facile, come dice il Papa “imparare” una donna come Sara, le sue lune, il suo carattere così forte, ma anche così fragile; come penso per lei non sia facile imparare un uomo come me, le mie mani ruvide e forti e nello stesso tempo il bisogno di tenerezza e di sentire qualcuno vicino. La passionalità della mia terra cubana non è certo come quella sarda e il nostro amore è come “un lavoro artigianale, un lavoro di oreficeria”: si costruisce giorno per giorno, nell’incontro delle differenze che spesso ci fanno abbattere i muri del nostro orgoglio. Ringrazio sempre Sara per la pazienza e la forza che ha messo in questo breve cammino che ci unisce, con la consapevolezza di voler andare lontano insieme verso “il per sempre”, con l’aiuto di Dio. Sara: Andando avanti, infatti, il gioco si è fatto più duro, conoscendo meglio Juan ho iniziato a scoprire anche i suoi difetti e lui i miei. Il fatto di avere caratteri forti, orgogliosi e testardi come siamo, in un primo momento si è rivelato essere un limite, in seguito però è stato la nostra forza: siamo infatti consapevoli che il nostro amore cresce solamente nella debolezza, nell’imparare ad accoglierci veramente per quello che siamo. È come togliere degli occhiali rosa che ti fanno vedere solo il positivo, all’inizio rivorresti quegli occhiali rosa per vedere nuovamente tutto perfetto e iniziano le discussioni perché quei difetti sembrano ostacoli insuperabili. Poi, capisci che non sono ostacoli insuperabili ma gradini. Se li riesci a salire, ti regalano un panorama stupendo che supera di gran lunga la visuale offerta dagli occhiali rosa. E questo non si fa da soli, ma con tanti compagni di viaggio che Dio ci ha donato: abbiamo scoperto una Chiesa molto grande, con tante porte aperte. Come diciamo sempre, è come se ci fossimo fidanzati un'altra volta il giorno che abbiamo reciprocamente deciso di salire quei gradini. Insieme, doniamo parte del nostro tempo come animatori nel progetto Animatema di famiglia, cercando di trasmettere attraverso il gioco i messaggi del Vangelo ai più piccoli, ed è bellissimo. Amo Juan, lo amo per i suoi difetti che mi fanno impazzire e per l’amore immenso che mi da ogni giorno partendo dalle piccole cose. Abbiamo superato tante prove difficili, abbiamo sofferto, pianto, siamo caduti tante volte e altrettante volte ci siamo rialzati ma sempre insieme, sempre pronti a sostenerci l’un l’altra. So di avere un uomo forte al mio fianco su cui poter sempre contare, ma ancor di più è vedere crescere la sua fede che mi sta cambiando: qualche volta sono anche gelosa perché con Dio, lui mi sta quasi passando avanti. Poi però mi accorgo che è il Cielo che ci ha fatti incontrare e il colore della pelle non è un ostacolo; anzi vogliamo colorare in modo nuovo questo mondo e la Chiesa intera. Testimonianza di una coppia di sposi con figli che vive il Vangelo nella quotidianità: Stefano e Lorena Girardi (Diocesi di Trento)

Lorena: Siamo Lorena e Stefano Girardi sposati da 24 anni. Ci sentiamo una famiglia come tante. Per questo, è una grande emozione essere qui e lo viviamo come un bellissimo dono per il nostro prossimo 25° anniversario di matrimonio, soprattutto perché vissuto con i nostri figli… Abitiamo a Ravina una frazione del comune di Trento. Stefano: Ci siamo conosciuti giovanissimi nell’ambiente francescano, poi il fidanzamento, il matrimonio, i primi figli e quel desiderio di non tenere per noi la ricchezza che stavamo vivendo, dando la nostra disponibilità per accompagnare i fidanzati nei percorsi di preparazione alle nozze e per altri servizi nella pastorale familiare. Ci piace provare a costruire con gli altri una famiglia di famiglie dove la condivisione della strada, delle fragilità e delle qualità di ognuno, sono aiuto per tutti. Lorena: Una delle letture al nostro matrimonio era la parola di San Paolo che invita ad essere “sottomessi l’uno all’altra nel timore di Cristo”(cfr. Ef 5,21): il sacramento del matrimonio come scelta prima della nostra vita quotidiana. E poi amare l’altro come Cristo ama la Chiesa… com’è difficile… Amare l’altro in quei momenti in cui non corrisponde più al nostro ideale, oppure quando nelle difficoltà avverti che lui si allontana da te. Amare lo sposo più di ogni altra cosa, più delle tendenze mediatiche del momento, più della tecnologia, più del lavoro, più dei figli, più della macchina nuova, più delle amicizie, più del conto corrente, più dello shopping, più del calcio… Stefano: Siamo molto diversi nelle cose spicciole, abbiamo idee diverse sui ritmi quotidiani e questo genera conflitti, incomprensioni che minano i nostri fragili “vasi di creta” che custodiscono quel tesoro grande che è il nostro Amore. Ma il Vasaio non manca nel suo lavoro di manutenzione… Affidare al Signore queste nostre fragilità è sempre stata una forza immensa, una speranza che ci fa guardare oltre alle incomprensioni, alle parole dette male, agli scontri, provando a ripetere ogni giorno permesso, grazie, scusa. Lorena: Anche se i ritmi intensi della nostra quotidianità non lasciano molto tempo ad un dialogo rilassato con il Signore, abbiamo imparato che ci sono momenti della giornata in cui poterlo continuare, spesso in macchina mentre si va al lavoro, mentre si è in qualche fila e si aspetta il proprio turno, quando si passa davanti ad una chiesa e perché no anche durante una gita, magari sulla cima di una montagna raggiunta con fatica. Stefano: Per noi è stato ed è importante ogni tanto, fuggire in coppia, anche per un paio d’ore, da tutti i nostri impegni e regalarci del tempo esclusivo per noi due, per prenderci cura della nostra intimità e guardare la vita con gli occhi dell’altro, da un’altra prospettiva che ci fa allargare gli orizzonti. Più il tempo passa, più questo regalarsi “il vino nuovo” entra nella concretezza del nostro vivere e ci fa diventare un uomo migliore, una donna migliore, una diversità che si fa ricchezza di umanità. Una umanità di coppia che è più forte del singolo e che ci aiuta a navigare nei momenti difficili, quando il mutuo della casa ci pesa addosso, o quando i nostri figli faticano a trovare lavori stabili che consentano loro quella indipendenza economica che ai nostri tempi era quasi scontata. In queste situazioni è difficile trovare spiegazioni per convincerli a non mollare e dare loro speranza. Lorena: Adesso che i nostri figli sono un po’ più cresciuti è bello vederli provare a camminare con le loro gambe, pensare con la loro testa, intraprendere la loro strada e avere uno sguardo di speranza sulla vita, anche se questo ci porta a scontri e mediazioni che costano a noi e a loro. Noi ci siamo presi cura delle pianticelle che il Signore ha seminato, li abbiamo visti germogliare, e con tutti i nostri limiti li abbiamo aiutati a crescere sapendo che non spetta a noi la raccolta dei frutti e così affidiamo il loro futuro a Dio, perché li sostenga e li aiuti a portare frutto li dove Lui li ha pensati. Emanuele: Sono Emanuele, ho 23 anni. Finora il mio percorso scolastico è stato molto vario con diversi cambi di indirizzo. Ora, nel mondo del lavoro, sto valutando strade ancora diverse, cercando con più tentativi, sia nella mia città che all’estero, una professione che mi realizzi e che mi renda autonomo. Non è facile al giorno d’oggi, ma sono fiducioso: ho una famiglia che mi sostiene e mi incoraggia. E come mi ha insegnato il mio percorso scout, cerco di vivere al meglio queste esperienze accumulando così nuove competenze per il domani. Martina: Sono Martina e ho 21 anni. Sono qui con Sandro, il mio fidanzato. Ci siamo conosciuti in Romania in un’esperienza di qualche mese di Missione. Da subito abbiamo intravisto il riflesso di Dio l’uno nell’altra e stiamo camminando per discernere il Suo disegno per noi. Capita di inciampare, di cadere, di fermarsi ad un bivio incerti sulla strada da percorrere. E’ proprio allora che riscopriamo di voler poggiare le fondamenta della nostra casa sulla Roccia, lasciandoci guidare da Gesù. Aspettiamo con trepidazione di cominciare quest’anno l’itinerario diocesano in preparazione al matrimonio, avvicinandoci con altre coppie al mistero di questo Sacramento. Francesca: Io sono Francesca, frequento la seconda media e sono la più piccola della mia famiglia. Vorrei portarvi un saluto di mio fratello Luca che, a 18 anni, ha deciso di frequentare un percorso scolastico in Nuova Zelanda. Mi ha detto che lì sta aprendo la sua mente, e che il mondo è pieno di cose fantastiche: ci sono tante culture, tante etnie, tante tradizioni.. Il mondo è così colorato che non ce lo si può perdere! Lorena: Vorremmo ringraziare i nostri figli che ci sostengono nella nostra missione a servizio del vangelo del matrimonio. E con loro i nostri genitori e le persone che quotidianamente incontriamo sulla nostra strada. Ognuno è presenza preziosa e unica che rende più concreto il nostro cammino nel servizio, che non è sempre facile, ma che ci da tanto e ci fa crescere come coppia, come famiglia e come piccola chiesa. Testimonianza di una famiglia nella sofferenza: Francesco e Lucia Masi (diocesi di Pisa)

Francesco: Buonasera, siamo Francesco e Lucia , veniamo da Pisa. Abbiamo 57 anni, siamo sposati da 35 anni e innamorati da 43; abbiamo 5 figli, nuora, genero e 4 nipoti, tutti qui insieme a noi: Cristiano e Giulia con Anna, Sara e l’ultima arrivata Ester; Chiara e Giacomo con Tommaso Giosuè, Beniamino, Davide e Rachele. Il Signore sta facendo una lunga storia con noi: lo abbiamo incontrato sulla nostra strada dopo la nascita del nostro primogenito Cristiano e non ci ha più lasciati, neanche lo scorso anno quando è nato Tommaso Giosuè che poco dopo la nascita ha smesso di respirare, è stato rianimato per 45 interminabili minuti ed è “tornato indietro”, come ha detto un infermiere, dopo che la mamma ha urlato “Dio mio non far morire il mio bambino”. Tommaso è qui, ed è qui sano. Dopo poco mia moglie Lucia ha quasi smesso di camminare accusando forti dolori prima alla gamba destra e poi a tutte e due ed è cominciata la nostra “peregrinatio” tra medici ed esami che si facevano sempre più invasivi. Dopo quasi un anno siamo arrivati a sapere che Lucia è afflitta da una rara malattia autoimmune di natura neurologica (3 casi su 100.000 persone) con un incerto decorso medico: ma il Signore, attraverso fatti concreti, letture, persone, dottori, vita, ci aveva già spiegato e preparato, noi e i nostri figli. Tutti noi siamo testimoni dell’Amore di Dio e della “forza rivoluzionaria della tenerezza” di un Padre che non ci ha mai lasciato soli, che non ci ha abbandonati alla morte, mai. Lucia: E’ vero! Qualche mese fa mi stavo lasciando morire, anche interiormente. Poi ho sentito queste parole: “Dire Ti amo significa dire all’altro: Tu non morirai mai!”. Così, con queste parole di Gabriel Marcel, ascoltate insieme al termine di un convegno di pastorale familiare, quando pensavo di tornare a casa stanca, piena di concetti da riordinare ed elaborare, mi ha sorpreso il mio Dio, cercato, amato, atteso e visitato di nuovo. Di solito sono parole di un vivo a un morto (ti porterò sempre nel cuore, sarai nei miei ricordi ...). Le ho sentite come le mie parole a Francesco, il mio sposo, mio amore da quando, poco più di una bambina, mi affacciavo con stupore e timore alla relazione del mio corpo femminile con il suo corpo maschile, fino ad oggi, nonna di 57 anni, fermata spesso da una malattia che ha addormentato il mio corpo e le mie gambe su una sedia a rotelle che Francesco spinge. In salita sento il suo respiro faticoso, lo ascolto faticare per superare selciati sconnessi, piccoli scalini, buche. Il suo respiro esprime il suo amore per me come non mai, modulo il mio respiro sui suoi passi. Con il nostro Dio abbiamo dato la vita a questi 5 figli, abbiamo costruito ogni giorno una famiglia, fedeli al nostro giuramento sponsale, con gioie, sofferenze, difficoltà, crisi, incomprensioni, pianti, preghiere, riconciliazioni. Ora faccio i conti con il tempo: 2 anni fa mi sono ammalata. L’inizio della malattia è stato violento: all’impossibilità di guidare, poi alle cadute, poi all’incapacità di reggersi sulle gambe, si è aggiunto un dolore serale resistente agli antidolorifici. Una sera ricordo che ho litigato con Gesù, ho alzato la voce come quando litigo con Francesco; ricordo che piangendo urlavo: “così dimostri di volermi bene? Lo sai che per noi non è così amare. Tu dici che mi ami e poi permetti questo dolore che non sopporto più…” Poi mi sono addormentata fino al mattino. Passo dopo passo, anzi passo mancato dopo passo mancato, Gesù mi ha attirato a sé. Poi è arrivata la paura di lasciare i figli, soprattutto i piccoli, Rachele che ha solo 16 anni, la paura di lasciare un marito solo. Oggi ho chiara un’immagine della vita eterna: per me è immergersi nello sguardo di Dio; non l’occhio fisso, iscritto nel triangolo del nostro catechismo preconciliare, ma lo sguardo rivelato e agito da Gesù nei Vangeli, uno sguardo avvolgente, tenero e misericordioso, attento e innamorato, che chiama e comprende in sé tutto e tutti. Il Signore mi accompagna, mi prende per mano, mi appoggio e con Lui non ho paura e cammino. Mi prepara, mi veste da sposa, mi guarda e mi ama, dicendomi: «Così ti ho guardata all’altare quando ci siamo sposati, così ti vedo ancora». Credo che ritroverò in Dio, nel Suo sguardo, la Comunione dei Santi, le relazioni d’amore di chi non vedo più, la pace di Colui che conosce il Bene e il Male, il profumo del Principio, i colori del Giardino, la brezza dello Spirito. Tu non morirai mai, la parte di sé che mio marito mi ha donato e che io ho accolto, le sue carezze, le sue parole, i suoi pensieri, i suoi pianti, le sue gioie, i suoi difetti, sono diventati carne e vita in me. Questa carne e questa vita, la donna che sono oggi, la donna che sono diventata nel matrimonio, questa carne sola, indivisa e indivisibile, entrerà nello sguardo di Dio, faccia a faccia con Dio, così se morirò già sulla terra Francesco e la mia famiglia potranno riassaggiare il Giardino del Principio. Ho guardato il mio Sposo divino, Gesù Cristo; ho capito cosa vuol dire la sconfitta della morte, la vittoria della Resurrezione: ha portato con sé davanti al Padre il dono della nostra famiglia che ho condiviso con Lui; di più, io l’ho ascoltato, ho mangiato di Lui, ho bevuto al Suo calice, sono entrata con la mia malattia nella Sua volontà, nel Suo dolore, nella Sua Croce. Così indissolubilmente, per sempre, mi ha legata a sé. Nel dicembre 2012, a Madrid, alla festa della Sacra Famiglia, in piazza Colón piena di gente, una donna spagnola mi si è avvicinata e, indicando il mio anello nuziale, mi ha detto: “alianza”,“alleanza”. Mi ritorna in questo tempo questa parola che lega il mio matrimonio a questa nuova ed eterna alleanza fatta da Cristo sulla Croce con me (cfr. Lc. 22,20) sangue ed acqua mescolati, io e Lui. Questo mistero è davvero grande (cfr. Ef. 5,32) ed è un mistero questa gioia, questa felicità intensa che talvolta provo, profumato frutto di questa salita che Gesù ha fatto per me, nel Suo amore sponsale per me. Ho pensato alle parole rivolte a Maria nel giardino del Sepolcro: “noli me tangere”. Ho capito una frase per me incompresa fino ad oggi: “ancora non sono salito al Padre”, aspetta Maria, non temere, coraggio, sarai con Me in Paradiso, ti amo, Io sono risorto, ti porto con me, tu non morirai mai. Francesco: Ci amiamo ancora tanto, più di quando ci siamo innamorati, e anche se il Diavolo continua a cercare di dividerci mostrandoci ogni giorno i rispettivi errori, a lui che vuole dividere e lacerare quella carne sola che Dio ha unito e sigillato proviamo tremanti a rispondere come Paolo: “chi ci separerà dall’Amore di Dio manifestato in Cristo Gesù?”.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: