martedì 11 giugno 2013
​«Per garantire l'accesso ai farmaci alle popolazioni povere è necessario un approccio basato più sulla solidarietà che solo su valutazioni di tipo normativo». È il senso dell'intervento dell'osservatore permanente della Santa Sede all'Onu di Ginevra, Silvano Maria Tomasi, al Consiglio dei Diritti dell'Uomo.
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"Per garantire l'accesso ai farmaci alle popolazioni povere è necessario un approccio basato più sulla solidarietà che solo su valutazioni di tipo normativo". La Radio Vaticana ha sintetizzato così l'intervento dell'osservatore permanente della Santa Sede presso l'Ufficio Onu di Ginevra, arcivescovo Silvano Maria Tomasi, al Consiglio dei Diritti dell'Uomo. Al mondo, ha denunciato il rappresentante vaticano, vi sono "milioni di persone" che, a causa di "realtà sociali e politiche" che ostacolano l'accesso ai farmaci, sono private "della possibilità di godere del più alto standard raggiungibile di salute fisica e mentale".La posizione della Santa Sede nei confronti del Rapporto presentato a Ginevra sul tema è stata piuttosto critica. Sei i criteri per usufruire dei farmaci necessari sono disponibilità, accessibilità, accettabilità e qualità, la "mia Delegazione - ha osservato monsignor Tomasi - ritiene che il Rapporto non abbia dedicato sufficiente attenzione" ad alcuni dei fattori-chiave, a cominciare proprio dall'accesso alle medicine, che non può essere questione valutabile sono dal punto di vista legale". "Prima dello sguardo della legge, c'è bisogno - ha affermato il rappresentante vaticano - di uno sguardo umano, di solidarietà in grado di favorire "una vera giustizia distributiva che garantisca a tutti, sulla base dei bisogni oggettivi, cure adeguate". Il Rapporto, ha notato poi monsignor Tomasi, "fa spesso riferimento all'obbligo degli Stati di creare le condizioni per l'accesso ai farmaci". Ma, ha proseguito, "mentre l'adempimento di tale responsabilità da parte dei governi è un requisito chiaro, sarebbe stato opportuno riconoscere anche il forte impegno da parte delle organizzazioni non governative e religiose nel fornire sia farmaci, sia una vasta gamma di trattamenti e di misure preventive al fine di assicurare il pieno godimento del diritto alla salute". In questo, ha ricordato il presule, con i suoi 5.305 ospedali e 18.179 cliniche (dati del 2012), la Chiesa fornisce un servizio capillare arrivando ai "settori più poveri della società, molti dei quali si trovano in aree rurali e isolate o in zone di conflitto, dove spesso i sistemi sanitari governativi non arrivano".Emblematico il caso dell'Africa dove secondo l'Organizzazione mondiale della sanità dal 30 al 70 per cento delle infrastrutture sanitarie "sono di proprietà di organizzazioni confessionali". Dunque, ha concluso monsignor Tomasi, pur essendo "un impegno complesso", l'agevolazione "ottimale dell'accesso ai farmaci merita un'analisi comprensiva e il riconoscimento di tutti i fattori che contribuiscono alla sua promozione, piuttosto che un'analisi più limitata dei quadri legali, economici e politici".
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