martedì 18 ottobre 2016
​È la Compagnia di Gesù del futuro, aperta a nuove frontiere come la Cina e l’Africa, quella delineata dal neo preposito generale, il venezuelano Arturo Sosa Abascal. Filippo Rizzi
Il nuovo superiore dei gesuiti: primo, riconciliare
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Offrire l’annuncio del Vangelo laddove c’è più bisogno ma anche impegnarsi a portare la riconciliazione in un mondo che vive ferite profonde: senza dimenticare priorità come il senso della fede e la promozione della giustizia.È la Compagnia di Gesù del futuro, aperta a nuove frontiere come la Cina e l’Africa, quella delineata dal neo preposito generale, il venezuelano, classe 1948, Arturo Sosa Abascal. Oggi nella sede della Curia generale dei gesuiti a Roma, accompagnato dal responsabile dell’Ufficio comunicazioni dell’Ordine Patrick Mulemi e dal consigliere e assistente ad provvidentiam della Compagnia, l’italiano padre Federico Lombardi, il 30esimo successore di Sant’Ignazio ha indicato le sfide che attendono i religiosi ignaziani nel terzo millennio (circa 17mila sparsi nel mondo). Il gesuita venezuelano ha soprattutto indicato alcuni punti chiave per la missione della Compagnia all’indomani della sua elezione alla guida dell’Ordine. «È possibile avere un mondo diverso, che le persone vengano trattate per quello che sono, con più giustizia sociale, anche se tutto, intorno a te - ha spiegato Sosa - spinge a pensare che è un compito difficile, quasi impossibile. Del resto cercare, sperare l’impossibile è proprio del cristiano. E la Chiesa, per riuscire in tale missione, ha bisogno essenzialmente di due cose, di due gambe: una è il servizio, la fede, l’altra è la conoscenza culturale, la profondità intellettuale, in modo che al pensiero segua la giusta azione». Il superiore dei gesuiti non ha dimenticato di ribadire tra le priorità per l’Ordine ignaziano, quella di continuare nel difficile terreno dell’apostolato intellettuale. A questo proposito padre Sosa ha indicato il felice esempio di questo tipo di ministero che arriva dalla Cina dove una dozzina di gesuiti, provenienti da Europa e Stati Uniti, insegnano nelle università statali del Paese. «Lavoro, il loro, esclusivamente culturale, non pastorale né spirituale», ha tenuto a precisare, come è invece quello svolto da altri confratelli a Macao, Hong Kong e Taiwan.
Rispondendo alle domande dei giornalisti che hanno affollato proprio l’aula dove si è svolta l’elezione, padre Sosa ha evidenziato che per i Gesuiti restano prioritari il servizio alla fede e la formazione intellettuale.Quindi, padre Arturo Sosa ha messo l’accento sul contributo di riconciliazione che i figli di Sant’Ignazio di Loyola possono offrire in tante aree ferite del mondo: «Riconciliazione tra tutti in diversi modi! In tutte le regioni del mondo si sente questa spaccatura, questa ferita profonda che ci divide e si sente anche di fronte a situazioni gravi. Allora questa è una grande chiamata alla riconciliazione, è una grandissima sfida per noi che, come Compagnia di Gesù, questi pochissimi uomini, possiamo contribuire almeno con un piccolo sforzo alla riconciliazione tra gli esseri umani che allo stesso tempo è riconciliazione con Dio e con il Creato».«Come governerò, vi chiederete», ha detto ancora rivolgendosi ai giornalisti. «Non è ancora stato deciso nulla, non può esserlo. Il lavoro comincia oggi, le tappe deliberative verranno stabilite nel futuro prossimo, così come l’équipe di governo, gli assistenti. Una cosa è certa: non si mette in discussione il senso della nostra missione, il servizio della fede e la promozione della giustizia, tenendo conto della diversità culturale e dell’importanza del dialogo». Confermate anche - ha aggiunto il preposito generale - alcune priorità stabilite dalla precedente Congregazione generale (la 35esima svoltasi nel 2008), ovvero il dialogo interreligioso, la questione dei rifugiati, i flussi migratori, le situazioni di crisi e di povertà conseguenza delle mutate situazioni sociali.Non sono un “Papa nero”, servo la Chiesa come gesuita
Padre Sosa ha riposto anche a domande a livello più personale: ha confidato che è sereno per il nuovo incarico, che sente l’aiuto dei suoi confratelli e soprattutto del Signore. «La Compagnia di Gesù è appunto Sua – ha osservato – e quindi il Signore non farà mancare il Suo sostegno». Non gli piace essere chiamato “papa nero”, ha aggiunto, perché il proprio dei gesuiti (legati tra l’altro da un voto speciale al romano pontefice, il cosiddetto IV voto) – a partire dal preposito generale – è il servizio al Papa e ai vescovi.Il ringraziamento al suo predecessore Nicolás Pachón

 
L'abbraccio tra Pachòn (a sinistra) e Sosa
Il superiore dei gesuiti ha poi tenuto a ringraziare il suo predecessore Adolfo Nicolás Pachón - che ha retto la Compagnia per 8 anni (2008-2016), sottolineando la grande amicizia che li lega.«Si è già congedato dai due papi ed è già pronto per una nuova missione. Dopo un breve periodo di riposo in Spagna – ha spiegato - si preparerà per rientrare nelle Filippine, per andare lì dove il suo provinciale lo ha destinato. Farà il padre spirituale in un centro pastorale. Mi tocca molto la sua libertà e il suo desiderio di continuare la sua missione come “semplice” gesuita».
 ll rapporto con il Papa e confratello Francesco-Jorge Mario Bergoglio
Il padre Sosa ha rivelato di aver conosciuto per la prima volta Jorge Mario Bergoglio nel 1983, durante la 33esima Congregazione generale (dove è stato ricordato durante la conferenza stampa ebbe modo di conoscere per la prima volta anche padre Federico Lombardi) che portò all’elezione dell’olandese (allora rettore del Pontificio Istituto Orientale) Peter Hans Kolvenbach, il preposito che resse la Compagnia di Gesù per 25 anni (1983-2008)- «Fu il primo incontro (la prima Congregazione a cui partecipai) — ha raccontato — al quale ne seguirono altri, in Argentina, quando era arcivescovo di Buenos Aires, e infine qui, a Roma, dopo la mia nomina nel 2014 a delegato per le case e le opere interprovinciali della Compagnia di Gesù. Molto facile entrare subito in comunicazione con lui».La carica di preposito dei gesuiti rimane a vita
Sull’elezione a vita del superiore dei gesuiti, padre Sosa ha risposto che la Compagnia continuerà a eleggere il suo generale a vita. I tre precedenti generali hanno rassegnato le dimissioni per cause di salute (Pedro Arrupe) o per motivi di età (Kolvenbach e Nicolas Pachon). Il criterio è che sia capace di gestire la complessità del governo. Per questo vigilano gli assistenti e l’ammonitore. E tuttavia, come anche testimoniato da Benedetto XVI, padre Sosa ha affermato che un preposito può rinunciare quando sente che le forze gli vengono meno. Ancora, ha evidenziato che anche per i Gesuiti è importante seguire l’esortazione di papa Francesco ad essere “Chiesa in uscita”.La 36esima Congregazione dei gesuiti ora in fase deliberativa
Padre Sosa ha poi ribadito che: «Non è ancora chiaro neppure a me, al momento, quali saranno le linee di governo. Come padre generale, io sono chiamato a mettere in pratica i decreti che verranno decisi dalla congregazione stessa e riceverò delle raccomandazioni su quali saranno i punti di attenzione che dovrò tenere presenti. La Congregazione di fatto rimane l’organo supremo di governo della Compagnia».Nei prossimi giorni, la 36esima Congregazione, dopo aver riflettuto e discusso sulla missione, procederà a formare il nuovo governo dell’Ordine, in particolare scegliendo gli assistenti ad providentiam (coloro che aiutano il generale a vigilare sul buon governo della Compagnia), l’ammonitore (che si prende cura della sua vita spirituale) e gli assistenti regionali.
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