sabato 31 gennaio 2015
Nelle 46 domande la traccia della svolta. Don Gentili: la famiglia non è ideologia
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La nuova antropologia della famiglia in 46 domande (più una introduttiva). I problemi posti dal nuovo questionario diffuso in vista del Sinodo ordinario non sono un elenco asettico di questioni. Ma, punto dopo punto, indicano già una fisionomia di quella svolta pastorale all’insegna dell’accoglienza e della misericordia più volte tratteggiata da Francesco. È il quadro emerso dall’incontro della Consulta nazionale Cei per la pastorale familiare che, a poco più di un mese dalla data fissata per la riconsegna delle risposte (il prossimo 13 marzo), ha fatto il punto dei lavori. Ricognizione importante, ha sottolineato il direttore dell’Ufficio nazionale per la famiglia, don Paolo Gentili, di fronte ai responsabili delle sedici commissioni regionali, sia per non perdere un’occasione tanto preziosa, sia per avviare una riflessione su alcuni versanti dell’impegno pastorale affrontati nel questionario, ma ancora troppo marginali nella prassi delle nostre comunità. È il caso, per esempio, delle attenzioni pastorali da riservare, come recita una delle domande, "alle famiglie che hanno al loro interno persone con tendenza omosessuale". Come prendersi cura di queste persone evitando ogni ingiusta discriminazione? Questioni che –  ha fatto notare ancora don Gentili – interrogano le nostre comunità e ci sollecitano ad avviare progetti sistematici e coerenti per rispondere in modo credibile a situazioni che riguardano direttamente la pastorale familiare perché, nella maggior parte dei casi, si inseriscono con tutto il loro carico di sofferenza e di disagio nel cuore delle dinamiche familiari. E spesso, al di là di tutte le interpretazioni edulcorate, ne compromettono l’equilibrio. La difficoltà di affrontare questi e altri aspetti posti dal questionario in modo non banale ha indotto alcune commissioni regionali a "rileggere" le 46 domande per gruppi tematici. Le diocesi della Lombardia – ha spiegato il responsabile monsignor Eugenio Zanetti – hanno raggruppato i problemi in una decina di argomenti e hanno poi invitato associazioni, gruppi e uffici pastorali a rispondere secondo la propria competenza. Una soluzione di buon senso per avere risposte meditate e consapevoli sulla maggior parte degli aspetti affrontati. Da qui il coinvolgimento di operatori pastorali, consultori, associazioni professionali (giuristi, imprenditori, insegnanti), responsabili dei seminari, comunità, équipe designate per il convegno ecclesiale di Firenze. A questo proposito c’è da sottolineare l’esigenza – sottolineata anche dal segretario generale della Cei, il vescovo Nunzio Galantino intervenuto ai lavori della Consulta – di una stretta collaborazione tra l’impegno riguardante la compilazione del questionario in vista del Sinodo e la preparazione del quinto Convegno ecclesiale. Al centro di entrambi c’è quell’antropologia familiare che oggi, ha fatto notare Galantino, non ammette né nostalgia del passato né rischiose fughe in avanti. Urgente quindi una concertazione più attenta, una sintonia da ricercare anche all’interno dei vari uffici pastorali. È la strada imboccata infatti dalla commissione del Piemonte dove, come hanno fatto notare i responsabili don Bernardino Giordano e i coniugi Luca e Ileana Carando, la compilazione avverrà con una strategia concordata tra varie competenze pastorali. Sullo sfondo rimangono quegli interrogativi culturali che, come ha evidenziato don Giancarlo Grandis, vicario episcopale per la cultura della diocesi di Verona, rendono già implicito nel questionario un punto di svolta. «Per vent’anni – ha osservato l’esperto – abbiamo parlato di famiglie "irregolari" e "in difficoltà", mutuando il linguaggio della Familiaris consortio. Oggi queste definizioni sono sparite e, anche nel Sinodo straordinario, si sono moltiplicati gli accenni alle famiglie "fragili e ferite", perché questa è la definizione scelta dall’Evangelii gaudium. Segnale importante di un cambiamento in atto che ci obbliga a vedere, giudicare e agire con occhi diversi». Perché la famiglia, ha concluso don Gentili, non è un’ideologia e prendersene cura richiede la capacità di riattualizzare i principi di sempre con la flessibilità richiesta dalle tante emergenze di oggi.
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