lunedì 5 ottobre 2015

​La conferenza stampa sul primo giorno di lavori del Sinodo: il cardinale Erdo: fondamentale il ruolo di comunità "buone" che accompagnino le famiglie. Monsignor Forte: non ci sono due o più partiti, ma pastori in ascolto di Dio. IL TESTO DELLA RELAZIONE INTRODUTTIVA
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Le prime impressioni sui lavori del Sinodo, le risposte alle curiosità dei media, la realtà vissuta dalle famiglie e gli obiettivi dell'assemblea in corso fino al 25 ottobre: di questo si è parlato nella prima conferenza stampa che si è svolta nel primo pomeriggio nella Sala Stampa della Santa Sede, alla quale hanno partecipato il cardinale Peter Erdo, che stamattina ha tenuto la prima relazione ai lavori, il cardinale André Vingt-Trois, presidente delegato di turno, e monsignor Bruno Forte, segretario speciale del Sinodo. Cardinale André Vingt-Trois“Se dal Sinodo vi aspettate un cambiamento spettacolare della dottrina, sarete delusi”. Ad assicurarlo, rispondendo alle domande dei giornalisti, è stato il cardinale Andrè Vingt-Trois, presidente delegato di turno, che ha citato anche l’esperienza che il cardinale Kasper porta avanti “da vent’anni” con i divorziati risposati: “Se pensate che consista nell’aprire indifferentemente l’accesso alla comunione, senza un percorso e una decisione personali, vi sbagliate”. Esistono al Sinodo le “pressioni dei media”? “Le abbiamo sentite l’anno scorso, molto forte, e per tutto l’anno”, ma “non penso che il Papa sia completamente sottomesso all’aria dei tempi: è completamente libero”. Monsignor Bruno Forte“Siamo tutti pastori, uomini di fede, in ascolto delle sfide della gente, e questo ci unisce di più delle differenze”. Quanto al concreto svolgimento dei lavori in aula, Forte ha ricordato che “ognuno può intervenire e dire quello che vuole e pensa. Altra cosa sarebbe la divisione: io non la vedo, vedo un cammino sinodale”. "Questo non è un Sinodo dottrinale, ma pastorale, come lo fu il Vaticano II, perché rende la Chiesa vicina agli uomini del suo tempo”. “La Chiesa non può restare insensibile alle sfide pastorali”, ha detto Forte: “Si tratta di vedere, nella fedeltà alla dottrina della Chiesa, come venire incontro a queste situazioni”. Al Sinodo, dunque, “non ci saranno modifiche dottrinali, ma le sfide pastorali ci sono”. Monsignor Forte ha parlato di uno stile sinodale improntato alla “parresìa” richiesta dal Papa, “ma anche alla profonda responsabilità davanti a Dio e agli uomini”, a partire dalla “proposta del Vangelo della famiglia, soggetto e oggetto centrale della pastorale, valore prioritario su cui si scommette anche in tante parti del mondo dove sembra in crisi”. La volontà dei padri, ha assicurato monsignor Forte, è di “non chiudere gli occhi davanti a nulla, di avere un senso ampio di responsabilità per le speranze e le sofferenze delle famiglie”. Monsignor Forte ha quindi ricordato le finalità del Sinodo: “Le finalità sono fondamentalmente due. La prima è quella di proporre il Vangelo della famiglia, cioè la famiglia come soggetto e oggetto centrale della pastorale, come valore prioritario su cui scommettere, anche in un’epoca in cui in tanti parti del mondo essa sembra in crisi. Dall’altra parte, l’atteggiamento pastorale di accompagnamento e di integrazione necessario verso tutti. Ovviamente a cominciare dalle famiglie o dalle famiglie in crisi. Questo esige uno stile di grande parresia, cioè di grande franchezza, anche nel Sinodo, perché abbiamo bisogno di farci eco delle speranze e dei dolori di tutte le famiglie del mondo, ma anche un senso di profonda responsabilità davanti a Dio e agli uomini. Papa Francesco ha parlato di coraggio e di umiltà e ha parlato di preghiera fiduciosa. Credo che siano queste le chiavi perché lo stile del Sinodo possa essere fecondo: non chiudere gli occhi davanti a nulla; avere un senso alto di responsabilità davanti a Dio e agli uomini, alle loro speranze, alle loro sofferenze, vivere una profonda docilità all’azione dello Spirito Santo, a partire da uno stile di preghiera, di umiltà evangelica davanti al Signore e di coraggio apostolico davanti al mondo”. Cardinale Peter Erdo "Lo sviluppo della dottrina della Chiesa sul matrimonio non è senza limiti, sganciato dalla tradizione: è uno sviluppo organico, che parte dall‘episcopato romano e si arricchisce del contributo degli episcopati del mondo". Così il cardinale Peter Erdő, relatore generale al Sinodo sulla famiglia, ha risposto a una domanda di un giornalista, durante il primo briefing sui lavori in corso in Vaticano. Interrogato a proposito della sua relazione, in cui il porporato ha trattato anche della posizione della Chiesa sui divorziati risposati, Erdo ha riferito che nel suo testo ha cercato "di cogliere la voce della Chiesa", e che quanto ha detto è "un risultato oggettivo, quasi matematico, di quello che è arrivato alla Segreteria del Sinodo" durante l‘anno di percorso intersinodale, sotto forma di contributi e proposte. "Questo tempo di approfondimento tra i due Sinodi - ha aggiunto - è stato utile per conoscere meglio la posizione e la prassi delle singole Chiese ortodosse, che sono tutt‘altro e unitarie". Di qui il necessario approfondimento. 

Riferendosi al lavoro preparatorio in vista della Relatio, il cardinale Peter Erdő ha affermato che sono emerse due grandi realtà: “La prima era la sfiducia globale verso le istituzioni, non solo verso l’istituzione del matrimonio e della famiglia, ma verso le istituzioni in generale. Poi l’altro fenomeno è la massiccia presenza e il ruolo fondamentale delle comunità cristiane composte da buone famiglie, che si aiutano a vicenda, che hanno un ruolo già importante in molte parrocchie, in molti movimenti, anche nella trasmissione della fede. E che hanno pure tanti mezzi per preparare umanamente i giovani al matrimonio e alla famiglia, e accompagnare la coppia, aiutare nei momenti di crisi, anche in situazioni di problemi esistenziali, come la disoccupazione, la precarietà lavorativa, la malattia … E in questo consesso di comunità di famiglie è diventato più chiaro che la sola famiglia mononucleare non basta neanche per salvaguardare o rinforzare la solidarietà tra le generazioni. Anche in questo campo è necessario - non soltanto importante, ma sembra necessario - il ruolo di queste comunità di famiglie”.

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