giovedì 12 settembre 2013
In corso l'intervento del premier Letta. Nel suo saluto di ieri il Papa esalta chi vive l'esperienza del matrimonio «con semplicità e coraggio» e sottolinea che «un popolo che non si prende cura di anziani, bambini e giovani non ha futuro. Il presidente della Cei Bagnasco: «Quando vengono giuridicamente equiparate forme di vita in se stesse differenti, si misconosce la specificità della famiglia e se ne preclude la valorizzazione». (di Antonella Mariani)
​​​​​​​​​​DOCUMENTI ​Il saluto del Papa​ | La prolusione del cardinale Bagnasco​
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Solidarietà concreta, fatica, pazienza “e anche progetto, speranza e futuro”: ecco la famiglia come la disegna Papa Francesco nel suo messaggio per la 47esima Settimana Sociale, che si è aperta ieri pomeriggio a Torino. Tutto questo è vita concreta, “che il cristiano vive nella luce della fede, della speranza e della carità e che diventa ogni giorno lievito nella pasta dell’intera società”. Ma speranza e futuro, continua Papa Francesco nel messaggio letto dal monsignor Crociata, segretario della Cei, presuppongono memoria. “La memoria dei nostri anziani è il sostegno per andare avanti nel cammino. Il futuro della società, e in concreto della società italiana, è radicato negli anziani e nei giovani: questi, perché hanno la forza e l’età per portare avanti la storia; quelli, perché sono la memoria viva. Un popolo che non si prende cura degli anziani e dei bambini e dei giovani non ha futuro, perché maltratta la memoria e la promessa”. E qui siamo già nel cuore della famiglia: memoria e futuro.
 
La Settimana Sociale, continua il Papa, offre una testimonianza e propone una riflessione, partendo da quell’idea della famiglia che risalta dal Libro della Genesi: “Unità nella differenza tra uomo e donna, e della sua fecondità”. Questa riflessione non interessa solo i credenti, “ma tutte le persone di buona volontà, tutti coloro che hanno a cuore il bene comune del Paese”. “Sostenere e promuovere le famiglie, valorizzandone il ruolo fondamentale e centrale, è operare per uno sviluppo equo e solidale”. Famiglie che soffrono in questo tempo di crisi, che non riescono a “attuare liberamente le proprie scelte educative, che sono divise al loro interno"; “a tutti dobbiamo e vogliamo essere vicini, con rispetto, fraternità e solidarietà”. Famiglie che vivono però anche nella gioia, “illuminate e sostenute dalla grazia del Signore, senza paura di affrontare anche i momenti della Croce”. Infine, l’augurio del Papa: possa questa Settimana Sociale “contribuire a mettere in evidenza il legame che unisce il bene comune alla promozione della famiglia fondata sul matrimonio, al di là di pregiudizi e ideologie”. E’ un debito di speranza che si ha nei confronti del Paese, e in particolare dei giovani. Un debito che qui a Torino si ha ben presente.Ed è un colpo d’occhio di straordinaria suggestione: 1.300 persone arrivate da tutta Italia e raccolte in uno dei luoghi simbolo della città, il Teatro Regio. Da qui parte una nuova sfida, alla politica e alla società. Mettere la famiglia al centro. ​​​
Dopo il saluto del cardinale Nosiglia, arcivescovo di Torino, e della autorità locali, dal sindaco Fassino al presidente della Regione Cota, monsignor Miglio, presidente del Comitato scientifico della Settimana Sociale, che ha tracciato gli obiettivi dell’appuntamento con uno sguardo particolare ai ritardi e le incompiute della politica, dalla cittadinanza ai figli degli immigrati al mancato sostegno fiscale alla famiglia con figli. Infine si è entrati nel vivo dei lavori, con la Prolusione del cardinale Bagnasco, che ha iniziato con una immagine drammatica: l’uomo “dalla testa pesante, che non riesce a portare avanti la sua vita”, schiacciato dal grande abbaglio dell’individualismo. Individualismo che ha deteriorato anche la famiglia. Ma proprio in essa c’è l’antidoto alla crisi, “l’unica alternativa praticabile a una esasperazione dell’individuo”. La riflessione di Bagnasco si snoda nel concetto di differenza, dei sessi e delle generazioni, entrambe messe in discussione. Il “genere” è diventato “costruzione sociale”, e il divario tra adulti e giovani quasi insormontabile. Ma i cattolici, sottolinea con una punta di orgoglio Bagnasco, possono portare un contributo al dibattito. Ed eccolo, qui a Torino, il contributo essenziale, prezioso, seme buttato in un terreno che si spera possa raccoglierlo. Ed ecco la valorizzazione della famiglia, una famiglia “che va posta al centro delle politiche sociali, perché rappresenta un perno per lo sviluppo, per il suo ruolo insostituibile nel generare e nel crescere la prole e per la partecipazione al mondo dell’economia e del lavoro”. La famiglia nasce con il matrimonio, “con diritti e doveri” che lo Stato riconosce, perché “in ogni famiglia è in causa il bene comune sul duplice versante della continuità e della tenuta del tessuto sociale”. E’ questo uno dei passaggi centrali della Prolusione: la tenuta di una società non dipende in primo luogo dalle leggi, ma dalla “solidità della famiglia aperta alla trasmissione della vita e prima palestra di legami”.Ebbene, esistono tendenze che mirano a cambiare il volto della famiglia, rendendola un soggetto plurimo e mobile, senza il sigillo oggettivo del matrimonio. Rendendo sempre più brevi i tempi del divorzio, lo Stato non favorisce una ulteriore ponderazione su lacerazioni che lasceranno per sempre il segno, specie sui figli”. Una società che non investe sulla famiglia, continua Bagnasco, non investe sul suo futuro, e si limita ad affrontare emergenze e allocare risorse senza un vero progetto. L’invito è quello di partecipare con convinzione all’azione politica e di sollecitare concreti interventi di sostegno. Gli ambiti sono quelli su cui la Chiesa cattolica insiste da anni e che qui a Torino saranno trattati a parte nei seminari tematici dei prossimi giorni: la libertà educativa, il quoziente familiare, il lavoro rispettoso della vita familiare, l’occupazione giovanile. Ma la famiglia non deve essere solo oggetto di politiche sociali, bensì soggetto, attraverso quella pratica virtuosa che è la sussidiarietà. La Chiesa vuole affiancare la famiglia, “prima dimora dell’umano”, “architrave fondante del futuro” nel suo cammino affascinante ma anche esigente. La conclusione: “Il futuro ha bisogno della famiglia, perché il cammino della vita si apre solo quando si accoglie una relazione reale, cioè concreta e quotidiana”. Stamattina al Teatro Regio arriva il premier Letta. A lui raccogliere la sfida che da Torino arriva al cuore di ogni uomo. ​​​​​​​​​​
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