lunedì 15 luglio 2013
Con la decisione di proclamare la santità di Giovanni XXIII senza attendere il riconoscimento del miracolo attribuito all’intercessione del «Papa buono», Francesco asseconda una richiesta corale del Vaticano II Consapevole che devozione e fama sono più che fondate.
COMMENTA E CONDIVIDI
Anche Giovanni XXIII lo volevano santo subito. Nel pieno del Concilio Vaticano II il teologo Yves Congar riportava nel suo diario conciliare che il cardinale belga Lèon Joseph Suenens voleva concludere l’intervento sul De Ecclesia richiedendo una canonizzazione «par acclamation», per acclamazione di Papa Roncalli. «Un obiettivo questo – scriveva Congar – da ottenere subito». E la loro richiesta di una canonizzazione rapida era condivisa da tanti altri padri conciliari e da moltitudini di fedeli. Tanto che sulla Gazzetta del Popolo, già l’indomani della morte di papa Giovanni, si faceva osservare: «Se un giorno non lontano – Dio lo voglia – finito di parlare di Giovanni XXIII come di "Sua Santità" si parlerà della sua santità anche in sede canonica e ufficiale, speriamo non venga a nessuno la voglia di esigere da lui uno dei miracoli rituali necessari alla canonizzazione. Egli che ha fatto a meno di miracoli simili per canonizzare san Gregorio Barbarigo, ha compiuto per conto proprio un miracolo del tutto singolare e adeguato alla vocazione storica e pastorale del suo pontificato: da quel mite evangelico che fu sempre, ha posseduto la terra come nessun altro prima di lui, nemmeno tra i santi». L’autore – Nazareno Fabbretti – non si limitava così a rendere pubblico l’auspicio per la proclamazione della santità di Giovanni XXIII, ma si pronunciava anche sulle modalità con le quali arrivarvi, dando voce a un sentire allora diffuso. Oggi a cinquant’anni di distanza tutto questo sembra concretizzarsi.Il Concistoro dei cardinali e dei vescovi, che, secondo la prassi ordinaria della Santa Sede, sarà chiamato a pronunciarsi sulla canonizzazione di Giovanni XXIII e di Giovanni Paolo II, si svolgerà con ogni probabilità nel mese di settembre e quasi certamente i due beati saliranno presto insieme alla gloria degli altari, nella data che sarà stabilita in quell’occasione. Il 5 luglio scorso papa Francesco ha promulgato il decreto sul miracolo per intercessione del beato Giovanni Paolo II e contemporaneamente ha approvato i voti favorevoli espressi dalla Sessione ordinaria dei cardinali e dei vescovi per la canonizzazione pro gratia del beato Giovanni XXIII. Ciò vuol dire che papa Bergoglio ha accolto favorevolmente le motivazioni presentate dalla Congregazione dei santi su istanza della postulazione della causa di Giovanni XXIII, per poter procedere alla sua canonizzazione pur in assenza di un miracolo formalmente riconosciuto, come avviene di prassi per arrivare alla proclamazione della santità. Secondo l’attuale normativa canonica, infatti, si può accedere alla canonizzazione solo dopo l’approvazione di un miracolo attribuito all’intercessione di un candidato al culto della Chiesa universale, sia esso martire che confessore della fede, già beatificato. Tuttavia non è una novità assoluta la proclamazione della santità sulla base di altri elementi e motivazioni che possono sostituirsi a un miracolo scientificamente e teologicamente dimostrato. Non si tratta, dunque, né di scorciatoie, né di semplificazioni, né di decisioni arbitrarie. Nella storia recente delle canonizzazioni un’eccezione alla prassi è rappresentata, ad esempio, dai Santi Martiri cinesi (Agostino Zhao Rong e 119 compagni) proclamati santi da Giovanni Paolo II nel 2000. I martiri, di cui la Chiesa fa memoria il 9 luglio, sono arrivati alla beatificazione con regolare procedura in momenti diversi. Le loro cause sono state poi unificate e, con la firma del decreto "de signis" Giovanni Paolo II, dispensando ciascuno di essi dal miracolo, li ha iscritti direttamente fra i santi il 1° ottobre dell’anno del Grande Giubileo. Gli elementi che portarono a questa determinazione da parte di papa Wojtyla furono: una indiscussa e crescente fama signorum (cioè una fama di segni e miracoli) a loro attribuita dopo la beatificazione e l’influsso particolare che la loro memoria aveva esercitato nella perseveranza della fede in contesti estremi e difficili. Ma nel caso del beato Giovanni XXIII quali sono le motivazioni per le quali si può determinare pro gratia la sua canonizzazione? Le ragioni principali sono due. La prima riguarda l’eccezionale vastità del culto liturgico già reso al beato, che, previa richiesta di autorizzazione, è stato concesso dalla Santa Sede a diverse diocesi del mondo, dall’Asia alle Americhe. La memoria liturgica di Giovanni XXIII, ufficialmente iscritta nei calendari di Chiese particolari, di fatto si configura già come simile a quella di un santo canonizzato. A questo culto si unisce anche una crescente fama di segni e miracoli che accompagna nel popolo di Dio la memoria del Papa buono. A partire dal giorno della sua beatificazione, avvenuta il 3 settembre del 2000, sono infatti arrivate alla postulazione da tutto il mondo numerose segnalazioni di grazie e favori ottenuti per intercessione del beato, spesso accompagnate da documentazione medica. Circa una ventina i casi più interessanti. E non pochi di questi sono stati sottoposti a parere medico orientativo ai fini di un possibile processo, anche se per nessuno di essi al momento è stata avviata una procedura canonica di riconoscimento.La seconda importante motivazione è data dalla richiesta di quei padri del Concilio Vaticano II che, subito dopo la morte di Roncalli, auspicarono la sua immediata canonizzazione addirittura come atto del Concilio stesso. Nessun candidato alla canonizzazione può perciò vantare attualmente una simile eccezionalità: un culto liturgico diffuso già nella Chiesa universale e una richiesta di canonizzazione per acclamazione espressa in un Concilio. Queste, dunque, sono le principali ragioni che Papa Francesco ha approvato per ritenere di procedere alla canonizzazione del beato Giovanni XXIII. Ragioni che sono inoltre supportate da altre considerazioni. Cinquant’anni dopo la morte di Roncalli va anche preso atto che la regolare inchiesta canonica, avviata da Papa Montini e durata trentacinque anni, che ha portato alla garanzia delle virtù eroiche e del miracolo riconosciuto con la beatificazione, ha permesso di sottrarre la sua figura a emozioni e manovre del momento e di sviscerare fin nelle pieghe più intime la sua vita e la sua azione. Ciò ha condotto a una sicura e profonda conoscenza del patrimonio dei suoi scritti e della sua opera, facendo emergere in maniera luminosa la sua santità. In occasione del cinquantenario dell’inizio del Concilio Vaticano II si vuole perciò finalmente abbracciare l’auspicio espresso da quell’assemblea ecclesiale che voleva santo Giovanni XXIII e portare a compimento la speranza dei Padri. Tanto più che proprio la richiesta della canonizzazione per acclamazione di Papa Roncalli è l’unica istanza formulata dai Padri conciliari rimasta ancora in sospeso, dopo che quella relativa alla stesura di un Catechismo universale della Chiesa è stata portata a compimento.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: