lunedì 14 luglio 2014

Il nuovo presidente nazionale Truffelli riflette sul cammino dell'associazione.

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Animare la quotidianità delle donne e degli uomini del nostro tempo per «ricostruire il tessuto» delle relazioni autentiche e testimoniare la bellezza del Vangelo. È questo il compito che l’Azione cattolica è chiamata a coltivare sempre di più secondo il nuovo presidente nazionale, Matteo Truffelli, nominato lo scorso 21 maggio dal Consiglio permanente della Cei.Quali sono i punti fermi che l’associazione raccoglie dalla propria tradizione per continuare a costruire il proprio futuro?Ieri come oggi l’unico «programma» dell’Azione cattolica rimane quello di concorrere responsabilmente alla missione evangelizzatrice della Chiesa. Ciò si traduce in alcune attenzioni particolari: la formazione delle coscienze – di ragazzi, giovani e adulti –, l’esercizio di una corresponsabilità laicale matura al servizio della Chiesa e la passione per il bene comune.Quale «carisma» particolare offre l’Ac alla Chiesa e all’evangelizzazione?Il primo contributo vero che l’Ac ha da dare alla Chiesa è la sua presenza capillare radicata nel territorio. Partendo da questa presenza prezsiosa è necessario continuare con costanza e con generosità ad animare la vita delle comunità locali. Un secondo «carisma», che fa parte del dna dell’Ac, è la consuetudine all’esercizio della corresponsabilità, che nasce da un legame di stima, affetto e riconoscenza nei confronti dei nostri pastori. A questo tengo molto. E poi, c’è, come terzo «carisma», proprio l’essere associazione: nel contesto attuale, che vede prevalere la logica dell’«ognun per sé», l’essere associazione è una forma di presenza fortemente profetica. È un modo di stare nel nostro tempo che in qualche modo introduce degli «anticorpi sani» nella società e nella cultura esasperatamente individualistica. L’essere associazione va riscoperto e va rilanciato come valore in sé, come contributo significativo che noi diamo alla nostra Chiesa e al nostro Paese attraverso la costruzione di un tessuto fatto di relazioni autentiche tra le persone. Siamo chiamati a educare al valore e alla bellezza di una vita intessuta di relazioni fondate sulla solidarietà.Quale ruolo può avere quindi l’associazione nella vita pubblica e anche politica del nostro Paese?Abbiamo una responsabilità molto precisa: essere in modo sempre più convincente una voce significativa nell’ambito del confronto pubblico, che vuol dire una voce capace di trovare le parole, i toni e gli argomenti giusti per portare un contributo costruttivo, libero e sereno alla riflessione su che cosa sia il bene dell’uomo, su quali siano le prospettive di sviluppo economico, culturale, politico del nostro Paese. Inoltre come associazione abbiamo molto da dare per alimentare e rendere più solido anche il tessuto etico del nostro Paese. Altro compito dell’Ac, inoltre, è quello di formare le coscienze di cittadini consapevoli, responsabili, onesti, appassionati del bene comune.Lo scorso 3 maggio il Papa ha chiesto all’Ac di rinnovare la scelta missionaria. Cosa significa questo per l’associazione?Il Papa ci ha chiesto di non rimanere fermi, di cercare strade nuove per incrociare le strade delle persone. E per fare questo ci ha indicato tre verbi: rimanere (con Gesù), andare (per le strade) e gioire (nel Signore). Questa per noi è una chiamata a impegnarci nella quotidianità della vita associativa per aiutare le persone a vivere e a testimoniare la pienezza di senso che nasce dal sapersi amati dal Signore e aiutarle a scoprire nella loro vita i segni dell’amore radicale di Cristo. Per arrivare a questo non occorrono grandi strumenti, serve piuttosto una ordinaria vita buona dell’associazione e un serio impegno ad animare le comunità parrocchiali aiutandole ad aprirsi sempre di più al territorio nel quale sono collocate.C’è un ambito particolare da cui ripartire?Quello della famiglia: oggi è sempre più importante come associazione testimoniare la vitalità e la forza del fare famiglia, del preoccuparsi dell’educazione delle generazioni e dello stare insieme. La famiglia in questo momento non solo dev’essere rimessa al centro dell’attenzione nelle comunità ecclesiali così come nella politica, ma deve essere aiutata a trovare il suo spazio di protagonismo.Nel suo mandato di presidente dell’Ac a quali figure della storia dell’associazione guarda come «guide»?Tra le tante figure straordinarie che hanno fatto la storia dell’associazione vorrei citare prima di tutto Vittorio Bachelet, il presidente che ha saputo rinnovare l’Ac per farne uno strumento di concreta attuazione del Concilio nella Chiesa italiana. Poi due giovani: Pier Giorgio Frassati e Albero Marvelli: due figure di profonda spiritualità ma capaci di spendersi con straordinaria generosità al servizio del proprio tempo sia sul piano ecclesiale che sociale e politico. E, infine, una donna: Armida Barelli, una testimone che tutta l’Ac vorrebbe vedere presto beata.
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